Nelle culture native il concetto di “Dio” è assente. Piuttosto esiste ben chiaro il concetto di ENERGIA e di RECIPROCITA’ e MUTUO SCAMBIO tra uomo e natura. E’ la Natura ad essere adorata nel suo aspetto maschile di Padre Cielo e femminile di Madre Terra. Le donne nelle culture native conoscono le erbe e i rimedi per curare le loro famiglie, fanno offerte per ogni momento della vita: nascite, semine, raccolti e morti, richieste e ringraziamenti al Tutto Cosmico.
Nella cultura nativa cilena del popolo Mapuche, ancora vivente e con una sua identità riconosciuta dal governo, la preghiera viene definita “negoziazione”. Significa che ogni volta che si chiede agli Spiriti bisogna offrire qualcosa in cambio specificandolo molto chiaramente e mantenendo la parola. Se la parola non viene mantenuta e la promessa infranta poiché non si è pagato il tributo, la comunità si ammala e si ammala la Natura. Questa attitudine fa sì che ogni uomo donna e bambino sia una persona d’onore.
I nonni e le nonne nella cultura mapuche hanno il compito di ascoltare i sogni dei nipoti e decifrarli. Grazie a questo, comprendono le loro inclinazioni e li avviano ad una attività e a una vita giuste per loro. La saggezza degli anziani, lucidi e vitali fino alla fine, è quella che garantisce la giusta interpretazione dei segni, la buona relazione col Piano Divino e la corretta individuazione della propria missione nella vita.
Ancestralmente la donna era ed è la custode del fuoco in casa e nella comunità. E’ la Dea del territorio. E’ colei che resta a protezione degli spazi della tribù e degli antenati. La donna è in grado di produrre una organizzazione ottimale di spazi e risorse perché da sempre ha depositata nelle cellule la memoria dell’arte di arrangiarsi con ciò che c’è e di sfamare tutti i suoi figli.
Nell’Antica Europa, la nostra terra, le nostre radici, fino alle prime invasioni di popoli guerrieri patriarcali, visse e prosperò per migliaia di anni una società matrifocale. Significa che le comunità erano guidate dalle donne anziane e si venerava la Dea Madre. Queste società, secondo gli studi e le testimonianze dell’archeologa Marija Gimbutas (vedi bibliografia), erano pacifiche, agricole, spirituali. La guida delle donne, delle madri, delle anziane garantiva che i beni, tutti in comune, venissero utilizzati in modo ottimale per le necessità di ogni membro della comunità. Non esisteva il concetto di proprietà privata o di accumulazione. 
Nella nostra società, al contrario, si stimola il desiderio di possesso, e questo BLOCCA LA CREATIVITA’, la coscienza cioè di poter creare ciò che ci serve nel momento in cui ci serve, senza bisogno di accumulare. E si stimola l’identificazione con le “STAR”, stereotipi creati e nutriti per abbattere la peculiarità di ognuna di noi, l’unicità di ogni essere vivente.
Nell’Antica Europa, ma anche nel resto del mondo in quell’epoca, la donna era venerata come datrice di vita sebbene l’anziana della comunità, pur rispettata e interpellata come una leader, non godesse di privilegi materiali né di ricchezze particolari. Il suo era un “potere” di tipo spirituale e l’obbedienza non era ottenuta con l’imposizione bensì grazie al semplice riconoscimento del suo buon senso.
Tantomeno esisteva il concetto di guerra o razzia o invasione. Tant’è che quando dall’Asia giunsero i guerrieri a cavallo e armati, le pacifiche popolazioni locali non furono in grado di difendersi. Tutto questo la storia ufficiale non lo insegna o lo bolla come “preistoria”.
La cosa fondamentale in queste società matrifocali, cioè incentrate sulla donna, la madre, la Dea, era che non esisteva divisione tra le case e i templi. Le attività quotidiane venivano svolte con il senso del sacro e in modo rituale. Ogni casa era un tempio dove la donna celebrava i suoi riti ogni volta che cucinava o tesseva. In un angolo di ogni abitazione c’era un forno dove si cuoceva il pane. Quel forno, quel pane, erano simboli di ventre gravido con la sua creatura al suo interno. Impastare e cuocere il pane era rito e preghiera.
Come pure offrire un po’ di farina, o di latte, o di birra, alla Madre, alla Terra, nei momenti riconosciuti per le cerimonie.
Ogni donna lo sapeva.
Ogni donna lo faceva.
Tra le abitazioni sorgevano poi dei templi propriamente detti, con un altare di argilla coperto da assi di legno. In questi locali, l’archeologa Gimbutas ha trovato una quantità impressionante di statuette dedicate alla Dea, con grandi seni e ventri e fianchi. Da questo ha dedotto che le società del neolitico adoravano la Madre, poiché non sono stati trovati che pochissimi reperti di statuette maschili rispetto alla stragrande maggioranza di statuette femminili.
Le azioni quotidiane come tessere e creare oggetti di ceramica, tessuti e vasellame da utilizzare poi per la vita quotidiana, erano compiute in modo sacro e rituale, nei templi, dalle donne della comunità. Le donne giovani e ancora fertili si occupavano della ceramica, i cui vasi anfore e ciotole rappresentavano il ventre gravido, mentre le anziane ormai in menopausa erano le addette alla tessitura. Poiché il tessuto, come leggerete nel capitolo LA DEA E IL TELAIO, era non solo una pezza da indossare, ma il simbolo della creazione cosmica e delle buone relazioni, intessute dalle anziane ormai stabilizzate nel loro ritmo lunare e ormonale.
Quindi la cottura del pane, la ceramica e la tessitura erano attività integrate in ambito sacro. Nulla veniva svolto in modo ordinario, distratto, superficiale. Ogni gesto era consacrato ad un più ampio Disegno e al benessere della comunità. Questo è il segreto.
Questa la via che la sciamana moderna deve percorrere. Non solamente aspettare di essere in una chiesa o tempio o corso di yoga o meditazione per collegarsi al divino, ma portare il divino e il senso del sacro nei propri gesti quotidiani, renderli magici con la propria consapevolezza. Tutti. Anche i più umili come lavarsi il viso al mattino, stendere il bucato al sole o cucinare. Dipende da noi risacralizzare la nostra quotidianità e trasformarla in un’unica ininterrotta preghiera.
Solamente in questo modo sarà possibile cambiare la qualità della nostra vita. Alzare la frequenza della nostra vibrazione. Creare la magia. Questa è la Via da seguire. Una via indipendente e autonoma, che non ha bisogno di guru o governanti o situazioni esterne. Una via che ciascuna di noi può perseguire da sé, nella sua propria casa trasformata in tempio, con i suoi gesti quotidiani trasformati in cerimonie.
E con la pratica e la concentrazione vi accorgerete, come è successo a me, che la qualità della vostra vita cambierà. Che davvero sarete via via sempre più avvolte dalla pace, dalla stabilità, dal benessere. Che la Dea scenderà su di voi con il suo dolce abbraccio. E le memorie di quell’Età dell’Oro, l’unica in cui è esistita davvero l’uguaglianza – come dimostrano le sepolture in tombe comuni, senza re né capi, come ricreando di nuovo la cucciolata nel ventre della madre in attesa di rinascere – si risveglieranno nelle vostre cellule, vi restituiranno quella saggezza, quella conoscenza intuitiva, quella bellezza e profondità che vi hanno insegnato a dimenticare.
La Dea era venerata nel suo triplice aspetto di Femmina Gravida, di Madre e di Rigeneratrice dopo la Morte.
(tratto da “Il Manuale della Sciamana Moderna, di Devana, Età dell’Acquario ed. 2015)

si ascolti anche sul tema la mia intervista qua