<Allora facevamo il giorno a terra e la notte a mare a pescare e che dovevamo fare? Lavoravamo la terra, andavamo nei precipizi per fare erba. In mare ne passammo pure di tempeste brutte> (Grazia, pescatrice eoliana, 2005)

<… venivamo a casa e portavamo dieci chili, venti chili, trenta chili di pesce e li vendevamo a Stromboli. Cinque ne ho cresciuti a mare, cinque figli, con la pancia così andavo a pescare> (Rosa, pescatrice eoliana, 2005)

La loro storia rivela la falsità di un modello patriarcale… donne eoliane che hanno avuto la capacità di svolgere ruoli considerati da sempre solo maschili. La loro esistenza rischia di essere dimenticata. Ma quale storia si va perdendo?  Quella di donne che hanno remato di giorno e di notte, che hanno varato le barche, tirato le reti, salpato le nasse e trascinato le barche a secco. Donne che quando hanno pescato di notte, di giorno hanno seminato la terra, raccolto le olive, i capperi, e si sono occupate della salatura dei pesci. Donne che hanno navigato lontano per vendere il loro pescato, che hanno curato la famiglia, lavato i panni, riordinato le case e cucinato. Donne che hanno generato figli e li hanno allevati. E talvolta a qualcuna di loro è successo di partorirli sulle spiagge, a molte di allattarli sulle barche sballottate dalle onde.

Il salario medio corrisposto alle isole Lipari varia da una lira e dieci centesimi a una lira e ventisei centesimi per i contadini… Le donne percepiscono da 42 a 50 centesimi e il loro salario non subisce variazioni nelle diverse stagioni….. Detto altrimenti alle isolane toccava in agricoltura lo stesso lavoro degli uomini ma meno remunerato… Si tenta di tener ferma l’idea che la capacità produttiva femminile è per natura inferiore a quella maschile e ha pertanto diritto a una remunerazione inferiore.

<Le donne valevano molto più degli uomini. Lavoravano immensamente di più. Avevano sette otto figli e lavoravano a terra e a mare… Andavano a pescare e venivano coi sacchi pieni di pesci… le donne. Loro andavano sole… tiravano la barca, tutto, tutto facevano> (pescatore di Filicudi 2010)

<Andavano con le nasse… qualche volta le ho viste a pescespada… remavano coi remi di sette otto metri> (Tano, pescatore eoliano, 2009)

<Finché ce la facevamo andavamo a pescare… con la pancia così andavo a pescare> (Maria, pescatrice eoliana)

<Quando erano incinte facevano di tutto, lavoravano in campagna, facevano qualsiasi cosa, non perché erano incinte non facevano niente… dovevano sempre lavorare e poi avevano tantissimi figli… perché poi ogni anno, anno e mezzo: sempre un figlio: castigate a avere figli e lavorare, figli e lavorare> (Angelo, pescatore eoliano, 2007)

L’antica abitudine di formare equipaggi interamente femminili…  le femmine pescavano pure di notte tra loro: <Mia madre portava pure i pesci con la barca a vendere nelle altre isole> (Maria, pescatrice eoliana). Andavano anche sino al “continente”, dove le traversate a mare diventavano più lunghe e impegnative. Remavano in mare aperto per miglia e miglia, tirando a rimorchio una barca vivaio in cui mettevano le aragoste e i pesci più pregiati, per farli arrivare vivi a destinazione. Navigando a vela e a remi  raggiungevano i porto di Milazzo, Messina, Napoli, Palermo e Salerno.

<Le femmine pure quand’era Natale portavano i pesci a Messina e a Palermo, una barca a rimorchio piena di pesci. E mi ha raccontato mia nonna che una volta ci hanno sette giorni> (Pino, pescatore eoliano, 2008)

<Erano donne ma erano preparate… non erano fesse… andavano con le stelle> (Vanni, pescatore eoliano, 2009)

La memoria sul territorio c’è… e l’orgoglio di essere figli o nipoti di quelle donne che hanno rischiato la loro vita sul mare è ancora forte e sentito.

(da “Donne di mare” Macrina Marilena Maffei, Pungitopo ed.2013)