Chi non conosce Pablo Neruda, poeta cileno vincitore del nobel? Ma chi conosce Gabriela Mistral, sua maestra e mentore, anche lei Nobel, donna immensa e completamente ignorata dalla nostra storia e letteratura? Gabriela Mistral nacque in Chile, a Vicuña, nel 1889… Conosceva le erbe e i rimedi e amava la terra. Si definiva “india”. Nel suo piccolo giardino passava ore e ore guardando gli uccelli e i fiori.  Gabriela affrontò il peggio che deve affrontare una donna: povera, nata in paese e abbandonata dal padre, con caratteristiche fisiche marcatamente indigene e, peggio, irriverente, creatrice e politicamente “scorretta”….

<Istruire la donna è renderla degna e sollevarla. La donna istruita smette di essere questa fanatica ridicola, questa sposa monotona che per mantenere l’amore coniugale non può contare su altro che sulla sua bellezza fisica>. Questo scrisse in un articolo quando aveva appena 17 anni. E sempre nei suoi articoli difese la riforma agraria, l’istruzione obbligatoria, la uguaglianza di salario tra l’uomo e la donna, più di un secolo fa.

Scrisse essendo una donna in un mondo dove solo gli uomini avevano potere e libertà; e scrisse cose che per l’epoca erano vietate persino agli uomini. Non poté studiare per diventare maestra, poiché non ne aveva i mezzi. La sua esperienza se la fece sul campo prima come assistente e poi insegnando in diverse scuole di campagna già da molto giovane. Questo naturalmente le procurò l’ostilità delle insegnanti regolarmente diplomate. Difendersi dagli attacchi che ricevette in Chile nei suoi primi anni di scrittura, le costò l’ ammissione alla scuola superiore che sua madre era riuscita a comprarle con grandi sacrifici. La accusavano di essere rivoluzionaria e atea, sebbene nella sua biblioteca personale fossero presenti le opere di Tagore, Steiner, la Divina Commedia, I Rosacroce, il buddhismo, la Teosofia e le opere della Bailey, una Bibbia integrale e i sonetti di Shakespeare. Decisamente letture non convenzionali rispetto alla rigida educazione cattolica di quei tempi.

In Araucania, come direttrice del liceo di Temuco, conobbe e incoraggiò il giovane Neftalí Reyes, che in seguito sarebbe stato conosciuto dal mondo intero col nome di Pablo Neruda.

La sua abilità le fu riconosciuta quando  fu contattata dal governo del Messico per creare le basi del nuovo sistema scolastico, modello che ancora oggi permane quasi invariato. L’invito in Messico le giunse senza che lei avesse ancora pubblicato nulla. Le sue poesie scritte su carta valicavano le frontiere e passavano di mano in mano creandole una fama che ella mai cercò. La riforma scolastica messicana le diede modo di mettere in pratica tutte le riflessioni che da anni andava facendo sul miglior modo di educare l’infanzia: cosa che non le fu permesso di fare in Chile. Ella sosteneva che l’istruzione deve essere data ad aula aperta restando in contatto con l’ambiente in cui si vive. Non una educazione teorica, dunque, ma concreta e utile nella vita di tutti i giorni. Per portare a termine la sua riforma, Gabriela viaggiò con bus e carretti nelle zone rurali, incontrando persone delle estrazioni sociali più disagiate e abbandonate. Specialmente le comunità indigene.

Mentre scriveva e pubblicava poemi e prosa viaggiò in tutto il mondo ricoprendo incarichi prestigiosi a livello diplomatico. Fu console del Chile sia in America che in Europa. Democratica, femminista ante litteram, sostenitrice dei diritti delle donne, rivoluzionò completamente lo stile della scrittura, creandone uno suo personalissimo ispirato ai racconti e alle poesie per bambini. Fu una scrittrice d’azione. La sua opera non può essere scissa dalla sua attività di insegnante. Rimproverava ai cileni di definirsi bianchi quando invece erano meticci e di non rivendicare la loro origine indigena e nativa.  Lei stessa si vantava della sua pelle scura. Durante la sua permanenza in Spagna sentì intellettuali irridere gli amerindi e sostenere che la miglior cosa che era loro capitata era di essere stati conquistati dagli spagnoli. Gabriela scrisse una lettera indignata che venne resa pubblica costringendola a scappare dalla Spagna. I diritti delle vendite del suo libro Tala li destinò ai bambini vittime della guerra civile spagnola. Smise di considerarsi cilena e cominciò a definirsi nativa americana con una visione avanguardistica che anticipò quella di Che Guevara. Sentì e cantò le sue origini procedenti dai Maya e dagli Inka.

La notizia che aveva vinto il premio Nobel la raggiunse nel 1945 in Brasile dove era console  e per la prima volta il nobel veniva conferito a un’artista dell’ America Latina. Nel suo testamento, stabilì che i proventi delle vendite dei suoi libri dovessero essere devoluti ai bimbi poveri di Montegrande, nel valle del Elqui

< Madre, nel fondo del tuo ventre si fecero in silenzio i miei occhi, la mia bocca, le mie mani… tu mi nominavi le cose della Terra, le montagne, i frutti, i villaggi, gli animali del campo… Non c’è parola che nomini le creature, che io non abbia appreso da te…

Grazie in questi giorni e in ogni giorno, per la capacità che mi donasti di raccogliere la bellezza della Terra, come un’acqua che si raccoglie con le labbra.> (G.Mistral)

CC Devana 2017