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Mese: Luglio 2019

I romanzi “d’amore” delle donne: cronaca di una svalutazione artistica

Dall’estate 2017 leggo solo donne. In questi 24 mesi ho letto – tra quelli registrati per La Scuola delle Donne® https://www.youtube.com/channel/UC-aeVy8RYBj0UJNVxOH7M4Q e quelli per la mia istruzione personale – circa 80 libri scritti da donne. Sento il bisogno di recuperare i decenni passati a riempirmi gli occhi e il cervello di parole quasi solo maschili. Sento il bisogno di RIEQUILIBRARE riempiendo il vuoto. Ho letto storie di donne meravigliose e mi si è aperto un mondo: più ne leggo e più ne scopro. Le donne che hanno formulato pensieri e li hanno pronunciati sono tantissime, sebbene solo poche siano conosciute.
In particolare ho potuto constatare in questi giorni, leggendo Colette, un’autrice che non parla certo d’amore, di come i romanzi scritti da donne siano sempre furbescamente presentati in modo sottilmente canzonatorio o comunque “rosa”, giusto per mantenerli nel “giusto scaffale”. “La vagabonda”, di Colette appunto, parla di una donna che rinuncia all’amore e sceglie la libertà, in un tempo in cui le due cose non si potevano avere insieme. Ma lo strillo di copertina recita NON C’E’ PREZZO PER L’AMORE, decisamente fuorviante rispetto al contenuto, tanto che quasi non lo leggevo pensando di trovarvi tutt’altra cosa.
Un mese fa iniziai la registrazione di “A many splendored thing” della medica e scrittrice euroasiatica Han Suyin. Il titolo significa UNA COSA DAI MOLTI SPLENDORI e parla di una donna che all’amore sceglie la professione medica. Ma la traduzione italiana è L’AMORE E’ UNA COSA MERAVIGLIOSA, titolo orribile e oltremodo fuorviante.
Per contrappasso, paradossalmente, Virginia Woolf si diceva stufa di leggere centinaia di racconti sulla guerra. Si chiedeva perché non ci fossero più storie che parlassero di negozi di cappelli. E si chiedeva anche perché mai i racconti che parlano di guerra sono considerati LETTERATURA IMPEGNATA, mentre quelli che parlano di negozi di cappelli LETTERATURA FEMMINILE.
Alcune scrittrici sceglievano di usare pseudonimi maschili perché i loro scritti non fossero “classificati come letteratura femminile”, e stiamo parlando di George Sand, George Eliot e le tre sorelle Bronte che uscirono con i nomi maschili di Acton Currer e Ellis Bell. In tempi recenti Oriana Fallaci ha preteso che la si definisse “scrittore” e non “scrittrice” per non sminuire il suo lavoro. Per non parlare dello strillo di presentazione del biopic su Emily Dickinson “A quiet passion” (anno 2017) che la definisce “uno dei poeti più grandi e amati” con la frase tutta al maschile.
Bisogna proprio ripartire dalle basi e RIFORMULARE la sottile programmazione sminuente che viene applicata a tutto ciò che riguarda il mondo femminile… dalle statuette neolitiche della Grande Madre – che nei musei vengono presentate come “idoli” – ad oggi!!!

Il modello patriarcale nel balletto classico

Svetlana-Zakharova-La-morte-del-cigno-ph.-Pierluigi-Abbondanza

Nei secoli il patriarcato ha usato molti modi per mantenere le donne sottomesse. Alcuni  evidenti, altri sottili e occulti, ma non per questo meno insidiosi e tristemente efficaci. Uno di questi è il balletto classico.

In tutti i balletti più conosciuti e amati lo schema è sempre lo stesso: c’è un maschio che agisce e una femmina che subisce; talvolta arriva un altro maschio che la salva. Un altro modo di fare il lavaggio del cervello alle donne e tenerle passive, con bassa autostima. Nessuna femmina si salva da sola o con l’aiuto di altre femmine, nel balletto classico. Ecco le trame di alcuni tra i balletti più noti e rappresentati

La silfide è l’antesignano dei balletti patriarcali: quello in cui per la prima volta compare il tutù bianco simbolo di castità e purezza e le terribili scarpette da punta che sono un martirio per i piedi ma rappresentano il simbolo di elevazione. È la storia di un giovane che alla vigilia delle nozze si innamora di una silfide – uno spirito dei boschi – e che, abbandonata la fidanzata, insegue la silfide nel bosco dove una maga malvagia con l’inganno fa sì che lui la uccida

Gisèle è la storia di una contadinella ingannata e sedotta che muore di disperazione e ancora, da morta, sostiene e salva il suo seduttore dalla vendetta delle Villi, gli spiriti delle fanciulle morte a causa di tradimento o abbandono

Il lago dei cigni è la storia di una fanciulla trasformata in cigno da un mago cattivo (che ne tiene prigioniere molte altre sempre sotto forma di cigni) e del suo doppio, la figlia del mago che obbedendo alla volontà del padre si sostituisce a lei

Coppelia è la storia di un costruttore di bambole meccaniche che tenta di dare vita alla sua bambola preferita: il costruttore è maschio, la bambola è femmina

L’uccello di fuoco è la storia di un gruppo di principesse prigioniere di un mostro che vengono liberate da un principe coraggioso il quale poi sposa la più bella tra loro

La bella addormentata  e la Cenerentola non c’è bisogno di raccontarle

Carmen è la storia di un delitto d’onore per un supposto tradimento da parte di lei – Carmen, donna libera e ribelle – a lui, un soldato geloso: oggi si direbbe femminicidio.  Naturalmente la donna libera deve morire

Per fortuna in seguito le grandi coreografe della danza moderna hanno creato balletti dove questo modello è superato: Isadora Duncan, Martha Graham, Rosalia Chladek, Pina Bausch, Twyla Tharp e tante altre.

Tuttavia i balletti più visti ancora oggi sono Gisèle,  Il lago dei cigni e Lo Schiaccianoci dove la protagonista, Clara, ha in realtà finalmente un “ruolo di rilievo”: tira una ciabatta al re dei topi cosicché il principe possa ucciderlo. E’un po’ come l’abitudine intramontabile di nonne e zie che regalano alle bambine  le fiabe classiche dove le fanciulle protagoniste vengono martirizzate da matrigne e sorellastre , pur sapendo quale tipo messaggio verrà passato. Il fascino del vittimismo!!!

testo CC Devana 2019; foto credit da internet https://www.danzaeffebi.com/

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