Serena era una ragazzina sveglia e intelligente. Aveva una bella cascata di riccioli castani appoggiati alle spalle. Le piaceva accendere il fuoco e stare accanto al caminetto e per farlo aveva un sistema tutto suo che consisteva nell’invitare lo Spirito del Fuoco chiedendogli di manifestarsi per lei. Per questo la sua mamma, che si chiamava Vera ed era amorevole e gentile, l’aveva ribattezzata affettuosamente Cinerina, permettendo a quella sua figlia poco più che adolescente di occuparsi del fuoco anziché farlo lei stessa.
Ma Cinerina aveva un rapporto speciale con tutti gli Spiriti della Natura, che fossero degli animali o delle piante, delle foglie o dei fiori, delle pietre o protettori dei luoghi. Comunicava in particolare con quello dell’acqua e quello dell’aria, poiché cantava sempre e le piaceva immergere i piedi nudi, anche d’inverno, nella piccola pozza sotto la sorgente, al limitare del giardino. Cinerina sentiva anche lo Spirito della Terra, che lei onorava offrendo gli avanzi dei pasti (e qualche volta anche qualcosa in più) ai suoi amici topolini che vivevano in una numerosa colonia in giardino, sotto le radici della grande Quercia.
Aveva due sorelline, due gemelle di nome Martina e Carolina, che adoravano gli abitini e le scarpette e passavano la giornata davanti allo specchio, abbigliandosi e atteggiandosi a indossatrici. L’unico loro interesse era quello di rivendicare il possesso di questo o di quell’abito o scarpetta o mantellina.
- Questo è mio – si sentiva gridare nella grande casa
- No è mio
- No…
- Sì…
- No…
- Sì…
E così via tutto il giorno.
Cinerina non ci badava e anzi prestava loro volentieri i suoi abiti perché le piaceva condividere le sue cose. Passava le giornate passeggiando nella Natura, parlando coi suoi amici animali, leggendo, studiando, imparando dalla mamma a tessere, a cucinare e a coltivare l’orto. La sera sedevano tutte e quattro nella grande veranda e cantavano le antiche canzoni delle nonne.
Un pomeriggio al tramonto, Cinerina andava come al solito a portare il cibo ai suoi amici topi. Ma c’era qualcuno ad aspettarla. Seduta su una grande radice, che sbucava dalla terra come uno sgabellino, c’era una donna coperta da un manto di pelo color grigio topo e con una maschera da topo sul volto. Quando Cinerina le fu vicina, la donna si tolse la maschera e le fece cenno di sedersi accanto a lei. La ragazzina non ebbe paura neanche per un attimo, poiché pensava che si trattasse di uno Spirito protettore della Quercia. Quando la donna si tolse la maschera, il suo volto rivelò un’età indefinibile, occhi profondi ed espressione saggia di chi ha molto vissuto, viaggiato, indagato.
- Tu sei Cinerina, l’amica dei topi?
- Sì, sono proprio io
- Buonasera a te fanciulla fortunata. Io sono venuta per condurti a conoscere la grande comunità dove vivono i tuoi amici, proprio qua sotto i nostri piedi, tra le radici di questa nonna pianta. E proprio questa sera al tramonto ci sarà la grande danza topesca in onore della Prima Madre Topo. Seguimi…
Cinerina, entusiasta, chiese però alla Donna della Quercia di aspettarla mentre andava ad avvertire la mamma, la quale, conoscendo bene la Donna della Quercia che era stata la sua maestra e prima ancora quella di sua madre e di sua nonna non ebbe nulla in contrario. Era stata proprio lei ad insegnarle i segreti delle piante e dei fiori e a vedere la magia del giardino e del bosco. La ragazzina perciò tornò di corsa dalla misteriosa donna, accompagnata dalla mamma stessa. Così, mentre le due donne si scambiavano uno sguardo di amicizia, senza farselo ripetere, afferrò la mano che la donna le porgeva seguendola e cominciando a rimpicciolirsi mentre seguiva la Donna della Quercia lungo la grande radice che portava all’ingresso della comunità topesca.
Quando varcò il portale della comunità rimase senza parole di fronte alla bellezza e alla pulizia di quel grande clan topesco. Mai si sarebbe aspettata, dato quello che si diceva dei topi nel mondo di superficie, di scoprire invece una vera e propria città sotterranea dove su un grande salone centrale, asciutto e profumato di muschio, si affacciavano tante piccole accoglienti tane scavate nella terra su differenti livelli. Topoline e topolini erano indaffarati a trasportare e stivare in una grande tana-magazzino tutto il cibo che veniva raccolto per essere condiviso da tutti i membri della comunità, ciascuno in base alla sua dimensione.
Nessuno restava senza cibo o riparo, nessuno aveva fame, nessuno si sentiva solo poiché la comunità funzionava come un unico organismo che seguiva la legge della Prima Madre Topo, la quale aveva insegnato loro, che se lo tramandavano di generazione in generazione, a comportarsi come fratelli e sorelle. Nella grande tana-salone centrale ardeva un fuoco azzurro argentato, un fuoco magico evocato dallo Spirito della Nonna Topo, intorno al quale vi erano topi danzanti, che cantavano e battevano le zampe ritmicamente su gusci di noce a mo’ di tamburi. I topi cantavano in onore della loro Antenata che aveva insegnato loro come vivere in pace e nell’abbondanza.
Cinerina fu avvicinata dal suo amico speciale, il topo Gervasio, che la salutò festosamente invitandola a seguirlo per un giro completo della grande multitana-comunità topesca. La fanciulla fu accolta nelle tane-alloggio asciutte e profumate. Si deliziò nella tana-piscina, alimentata da acqua calda che proveniva direttamente dalle viscere della terra, dove alcuni topi con le loro compagne e figliolanza si sollazzavano tuffandosi e lavandosi allegramente.
Gervasio spiegò alla sua amica che la medicina dei topi, ovvero ciò che erano venuti a sperimentare e insegnare sulla Terra, era la condivisione e la vita in comunità.
- Devi sapere – spiegò – che noi topi non teniamo nulla solo per noi. Tutto quello che troviamo lo portiamo nella grande tana-magazzino per dividerlo con i nostri fratelli e sorelle
- E chi controlla?
- Nessuno controlla, perché nessuno si approfitta. La Prima Madre Topo ci ha insegnato a prendere solo quello che ci serve e non di più e a lasciare il resto per gli altri. Ma sai, sappiamo che lì, nella tana-magazzino, possiamo sempre, proprio sempre trovare ciò di cui abbiamo bisogno, perché tutti noi ogni giorno usciamo a cercare cibo e oggetti utili per la comunità. Quindi non sentiamo la necessità di prenderne di più per portarcelo nella nostra tana-alloggio. Sarebbe uno spreco di tempo e fatica ti pare?
- E’ vero – rispose Cinerina – dovrei spiegarlo alle mie sorelle che passano il tempo a decidere di chi è quel tale abito o quel paio di guanti invece di prestarseli a vicenda.
Cinerina non riusciva a spiegarsi perché gli umani considerassero con paura e ribrezzo degli animaletti così puliti, intelligenti e organizzati. E lo chiese al suo amico
- Ci fu un tempo – rispose lui – in cui gli uomini erano connessi alla Grande Dea Madre, di cui la Prima Madre Topo era una delle Sacre Figlie, e in quel tempo tutti gli esseri viventi venivano onorati. Gli umani riconoscevano la bellezza della Natura e dei suoi abitanti e rispettavano la loro medicina…
- La loro medicina? Erano ammalati?
- Ma no, medicina nel linguaggio della Natura significa insegnamento, caratteristica. La nostra medicina per esempio è la condivisione, il mettere in comune tutto ciò che troviamo.
- E cosa successe? Perché ora hanno paura di voi?
- Perché gli umani persero il loro collegamento con la Natura e si seccarono le loro radici. Essi cominciarono a rivolgere la loro attenzione solo a ciò che sta in alto, stelle e uccelli, ripudiando ciò che vive nella terra, come noi, le sorelle bisce e i fratelli insetti.
- Ma che stupidaggine… voi vivete in un mondo meraviglioso e siete molto più intelligenti di noi che invece litighiamo per i guanti e le scarpette.
- Beh sorellina umana, prova a insegnarlo alle tue sorelle e alle loro amiche
- Lo farò. Sarà un bel gioco
Gervasio offrì a Cinerina del cibo, radici lavate nell’acqua della pozza calda, pezzetti di formaggio e frutti. Poi le donò alcune piccole pietre luminose trasparenti e violette, che si chiamavano quarzi e ametiste. I topi le trovavano nelle gallerie, quando scavavano per ingrandire la loro multitana-città. E le mettevano da parte per ricompensarla del cibo che lei offriva loro. Infine Gervasio riportò la ragazzina all’ingresso dove la aspettava la Donna della Quercia per ricondurla fuori restituendole la sua normale dimensione.
Cinerina non vedeva l’ora di raccontare alla sua mamma Vera ciò che aveva visto e di spiegare alle sue sorelle il gioco della condivisione. Entrò in casa come un uragano, le chiamò e, mentre consumavano tutte insieme la loro cena a base di torta di more e latte caldo, raccontò loro com’era bella la grande tana-magazzino dei topi dove tutti potevano liberamente entrare e prendere quello che serviva loro. Le sorelle si entusiasmarono: quello sarebbe stato un bel gioco da insegnare anche alle loro amiche. Decisero che nella grande veranda avrebbero portato e sistemato tutti i loro abitini, scarpette, cuffie, calze, borsettine, mantelline e guanti e che da quel giorno avrebbero messo tutto in comune e se le sarebbero anche scambiate con le loro amiche, e quando fossero state abbastanza grandi, anche con la mamma.
Da quel giorno il guardaroba fu trasferito nella veranda trasformata in atelier. Le sorelle appresero a riordinare, spazzolare e ricollocare l’abito che avevano indossato, nella sala atelier, la sera dopo esserselo tolto. Così che il giorno dopo fosse a disposizione di chi tra loro lo desiderasse. E così pure per tutti gli altri loro averi. E col tempo impararono a farlo con tutto ciò che c’era nella casa e insegnarono alle loro figlie e nipoti a fare altrettanto così che la bella medicina del topo – la condivisione – fu trasmessa per loro tramite a un discreto numero di umane e umani che poterono, in tal modo, vivere in pace e nell’abbondanza.
Scarica il libro completo da questo sito
Cc Devana 2016