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Mese: Dicembre 2017 Pagina 1 di 3

La sciamana moderna – part1

Vivere la quotidianità in modo sacro

Nella nostra società “occidentale e civilizzata” il concetto di sciamanismo rimanda a rituali di popolazioni native (o quello che ne resta) e a culture distanti dalla nostra nella quale le religioni sono assenti e le popolazioni sono “pagane e selvagge”. Viaggiando da 15 anni in tutto il pianeta, incontrando uomini e donne di conoscenza nativa e bagnandomi nelle acque dei siti sacri per risvegliare le mie memorie cellulari, mi sono resa conto che lo sciamanismo è uno stile di vita (e non un mestiere o una serie di tecniche che si possano imparare a un corso con diploma finale). Essere sciamane significa vivere in modo sacro, trasformando la vita ordinaria in una cerimonia grazie alla consapevolezza e all’attenzione.
Essere sciamane significa camminare nella natura sapendo che è nostra Madre, respirando con lei, rispettandola e ripulendola a volte dall’immondizia abbandonata. Cucinare e mangiare essendo coscienti che il cibo è un suo dono e scegliendo una alimentazione non violenta. Ringraziare e fare piccole offerte (biodegradabili!) agli alberi, alle pietre, all’acqua. Collegarsi con gli elementi – pietre, alberi, acqua, vulcani – che sono nostri fratelli e sorelle e possono trasmetterci le antiche memorie della nostra origine, del nostro lignaggio.
Essere sciamane significa trasformare ogni passeggiata nel bosco in un rito sacro dove assorbiamo la medicina (cioè la caratteristica) dei nostri fratelli e sorelle alberi acqua pietre fiori e della Madre terra. La STABILITA’ dell’albero, la FLESSIBILITA’ dell’acqua, la MEMORIA della pietra, la SEDUTTIVITA’ del fiore e il NUTRIMENTO della terra. Camminare nel bosco con questa consapevolezza può essere un momento magico potente che risveglia in noi memoria e conoscenza.
E’ così che si risveglia la nostra natura divina e le nostre memorie sciamaniche. Rendendo sacro e consapevole ogni nostro gesto quotidiano, compiendo ogni azione con gioia e gratitudine, rispettando ogni forma di vita, cantando e suonando la danza della vita di cui siamo cellule. Esercitandoci a vivere la vita ordinaria in modo sacro e consapevole la nostra vibrazione cambia e varchiamo il portale. Conoscere la ruota di medicina non è sufficiente, bisogna saperla applicare ai gesti della vita quotidiana, riconoscendo gli animali totem e le loro medicine anche nel giardino di casa, per risvegliare le memorie addormentate nelle cellule di ognuno di noi.
Questa è la Via della SCIAMANA MODERNA che io cammino da più di un ventennio.
Nelle culture native il concetto di “Dio” è assente. Piuttosto esiste ben chiaro il concetto di ENERGIA e di RECIPROCITA’ e MUTUO SCAMBIO tra uomo e natura. E’ la Natura ad essere adorata nel suo aspetto maschile di Padre Cielo e femminile di Madre Terra. Le donne nelle culture native conoscono le erbe e i rimedi per curare le loro famiglie, fanno offerte per ogni momento della vita: nascite, semine, raccolti e morti, richieste e ringraziamenti al Tutto Cosmico.
Nella cultura nativa cilena del popolo Mapuche, ancora vivente e con una sua identità riconosciuta dal governo, la preghiera viene definita “negoziazione”. Significa che ogni volta che si chiede agli Spiriti bisogna offrire qualcosa in cambio specificandolo molto chiaramente e mantenendo la parola. Se la parola non viene mantenuta e la promessa infranta poiché non si è pagato il tributo, la comunità si ammala e si ammala la Natura. Questa attitudine fa sì che ogni uomo donna e bambino sia una persona d’onore.
I nonni e le nonne nella cultura mapuche hanno il compito di ascoltare i sogni dei nipoti e decifrarli. Grazie a questo, comprendono le loro inclinazioni e li avviano ad una attività e a una vita giuste per loro. La saggezza degli anziani, lucidi e vitali fino alla fine, è quella che garantisce la giusta interpretazione dei segni, la buona relazione col Piano Divino e la corretta individuazione della propria missione nella vita.
Ancestralmente la donna era ed è la custode del fuoco in casa e nella comunità. E’ la Dea del territorio. E’ colei che resta a protezione degli spazi della tribù e degli antenati. La donna è in grado di produrre una organizzazione ottimale di spazi e risorse perché da sempre ha depositata nelle cellule la memoria dell’arte di arrangiarsi con ciò che c’è e di sfamare tutti i suoi figli.
Nell’Antica Europa, la nostra terra, le nostre radici, fino alle prime invasioni di popoli guerrieri patriarcali, visse e prosperò per migliaia di anni una società matrifocale. Significa che le comunità erano guidate dalle donne anziane e si venerava la Dea Madre. Queste società, secondo gli studi e le testimonianze dell’archeologa Marija Gimbutas (vedi bibliografia), erano pacifiche, agricole, spirituali. La guida delle donne, delle madri, delle anziane garantiva che i beni, tutti in comune, venissero utilizzati in modo ottimale per le necessità di ogni membro della comunità. Non esisteva il concetto di proprietà privata o di accumulazione.
Nella nostra società, al contrario, si stimola il desiderio di possesso, e questo BLOCCA LA CREATIVITA’, la coscienza cioè di poter creare ciò che ci serve nel momento in cui ci serve, senza bisogno di accumulare. E si stimola l’identificazione con le “STAR”, stereotipi creati e nutriti per abbattere la peculiarità di ognuna di noi, l’unicità di ogni essere vivente.
Nell’Antica Europa, ma anche nel resto del mondo in quell’epoca, la donna era venerata come datrice di vita sebbene l’anziana della comunità, pur rispettata e interpellata come una leader, non godesse di privilegi materiali né di ricchezze particolari. Il suo era un “potere” di tipo spirituale e l’obbedienza non era ottenuta con l’imposizione bensì grazie al semplice riconoscimento del suo buon senso.

Non sono state trovati, nelle sepolture risalenti all’epoca di cui sto parlando, oggetti che potessero far pensare a una “attività sciamanica” come quella che intendiamo oggi, cioè di guarigione-sacerdozio in capo a una persona particolare. Le comunità delle madri vivevano nell’Unità e pertanto non avevano un concetto di malattia come qualcosa da guarire (come lo intendiamo noi oggi dando quindi alla figura dello sciamano una connotazione di “medico” nativo). Vivendo nell’Unità ogni fase del corpo era intesa come trasmutazione, non come malattia. Fino a che il corpo veniva abbandonato per tornare ciclicamente nel grembo della Grande Madre per poi essere rigenerato in un nuovo corpo partorito dalle donne del clan. Quindi la parola sciamana non va intesa come una guaritrice o una sacerdotessa che fa da tramite tra la sua gente e la divinità. Il rapporto era diretto. Ogni donna era sciamana (shaman significa “ponte” quindi essere che si muove tra le dimensioni) nella sua casa, conosceva i rimedi per sostenere le fasi del corpo nella sua trasmutazione e celebrava le cerimonie domestiche che facevano di lei una sacerdotessa. Ogni donna del clan era sciamana e sacerdotessa. Non esistevano ruoli né gerarchie. Ed è questo il significato che do alla parola sciamana. Parlando di sciamana moderna intendo che ogni donna di oggi si riappropri di questo ruolo sacro di sacerdotessa nella sua casa che diventa il suo tempio.
Tantomeno esisteva il concetto di guerra o razzia o invasione. Tant’è che quando dall’Asia giunsero i guerrieri a cavallo e armati, le pacifiche popolazioni locali non furono in grado di difendersi. Tutto questo la storia ufficiale non lo insegna o lo bolla come “preistoria”.
La cosa fondamentale in queste società matrifocali, cioè incentrate sulla donna, la madre, la Dea, era che non esisteva divisione tra le case e i templi. Le attività quotidiane venivano svolte con il senso del sacro e in modo rituale. Ogni casa era un tempio dove la donna celebrava i suoi riti ogni volta che cucinava o tesseva. In un angolo di ogni abitazione c’era un forno dove si cuoceva il pane. Quel forno, quel pane, erano simboli di ventre gravido con la sua creatura al suo interno. Impastare e cuocere il pane era rito e preghiera.
Come pure offrire un po’ di farina, o di latte, o di birra, alla Madre, alla Terra, nei momenti riconosciuti per le cerimonie.
Ogni donna lo sapeva.
Ogni donna lo faceva.
Tra le abitazioni sorgevano poi dei templi propriamente detti, con un altare di argilla coperto da assi di legno. In questi locali, l’archeologa Gimbutas ha trovato una quantità impressionante di statuette dedicate alla Dea, con grandi seni e ventri e fianchi. Da questo ha dedotto che le società del neolitico adoravano la Madre, poiché non sono stati trovati che pochissimi reperti di statuette maschili rispetto alla stragrande maggioranza di statuette femminili.
Le azioni quotidiane come tessere e creare oggetti di ceramica, tessuti e vasellame da utilizzare poi per la vita quotidiana, erano compiute in modo sacro e rituale, nei templi, dalle donne della comunità. Le donne giovani e ancora fertili si occupavano della ceramica, i cui vasi anfore e ciotole rappresentavano il ventre gravido, mentre le anziane ormai in menopausa erano le addette alla tessitura. Poiché il tessuto, come leggerete nel capitolo LA DEA E IL TELAIO, era non solo una pezza da indossare, ma il simbolo della creazione cosmica e delle buone relazioni, intessute dalle anziane ormai stabilizzate nel loro ritmo lunare e ormonale.
Quindi la cottura del pane, la ceramica e la tessitura erano attività integrate in ambito sacro. Nulla veniva svolto in modo ordinario, distratto, superficiale. Ogni gesto era consacrato ad un più ampio Disegno e al benessere della comunità. Questo è il segreto.
Questa la via che la sciamana moderna deve percorrere. Non solamente aspettare di essere in una chiesa o tempio o corso di yoga o meditazione per collegarsi al divino, ma portare il divino e il senso del sacro nei propri gesti quotidiani, renderli magici con la propria consapevolezza. Tutti. Anche i più umili come lavarsi il viso al mattino, stendere il bucato al sole o cucinare. Dipende da noi risacralizzare la nostra quotidianità e trasformarla in un’unica ininterrotta preghiera.
Solamente in questo modo sarà possibile cambiare la qualità della nostra vita. Alzare la frequenza della nostra vibrazione. Creare la magia. Questa è la Via da seguire. Una via indipendente e autonoma, che non ha bisogno di guru o governanti o situazioni esterne. Una via che ciascuna di noi può perseguire da sé, nella sua propria casa trasformata in tempio, con i suoi gesti quotidiani trasformati in cerimonie.
E con la pratica e la concentrazione vi accorgerete, come è successo a me, che la qualità della vostra vita cambierà. Che davvero sarete via via sempre più avvolte dalla pace, dalla stabilità, dal benessere. Che la Dea scenderà su di voi con il suo dolce abbraccio. E le memorie di quell’Età dell’Oro, l’unica in cui è esistita davvero l’uguaglianza – come dimostrano le sepolture in tombe comuni, senza re né capi, come ricreando di nuovo la cucciolata nel ventre della madre in attesa di rinascere – si risveglieranno nelle vostre cellule, vi restituiranno quella saggezza, quella conoscenza intuitiva, quella bellezza e profondità che vi hanno insegnato a dimenticare.
“Sembra incomprensibile a noi – scrive la Gimbutas in “Le Dee viventi” (Medusa ed. 2005)  – che normalmente teniamo ben separate le attività quotidiane dalle esperienze spirituali… ma le abitanti dell’Antica Europa modellavano la ceramica, cuocevano il pane e tessevano dando a queste azioni un valore religioso… intrecciavano intimamente il sacro e il profano della loro vita senza segregazione ideologica. Arte, lavoro e religione erano una cosa sola”.

La Dea era venerata nel suo triplice aspetto di Femmina Gravida, di Madre e di Rigeneratrice dopo la Morte. Le sciamane moderne dovrebbero tornare ad essere consapevoli della presenza della Grande Madre e tornare ad onorarla nei piccoli gesti quotidiani e negli eventi familiari.

La triplice Dea

La Dea Gravida
La Dea Gravida si invocava per benedire la coltivazione del grano e la cottura del pane. Veniva venerata all’aperto e a Lei si facevano offerte. L’offerta, ben lungi dall’essere una sciocca superstizione o un inutile spreco, era invece fondamentale dal punto di vista energetico per richiamare sui campi un’energia positiva e potenziante attraverso la GRATITUDINE. Ai nostri giorni l’agricoltura biodinamica spiega e dimostra come sia fondamentale, per ottenere un raccolto sano e ecosostenibile, concimare bene la terra (quindi il corrispondente delle offerte) e trattarla con rispetto.
Ovvero: prima bisogna dare e poi prendere.
Mentre la nostra società è abituata a saccheggiare la terra con arroganza, convinta che l’essere umano sia la razza dominante sul pianeta e che tutto gli sia dovuto. Provate a raccogliere le verdure dall’orto ringraziando la Madre per i suoi doni. Provate a ringraziarla anche prima di mangiare, come facevano le nostre nonne.
Le offerte consistevano nel versare sulla terra o nell’acqua grano, pane, farina, bevande, acqua. Ma anche profumi, sotto forma di fumigazioni di erbe, venivano offerti all’aria e al fuoco. Ogni elemento era benedetto, onorato e consacrato.
Anche la musica era offerta alla Dea, come pure le danze rituali. Questo non toglie che fossero anche momenti di gioia e di celebrazione, ma sempre con la focalizzazione sulla sacralità delle azioni.

La Dea Partoriente
Poi vi era la Dea Partoriente, simboleggiata nei pittogrammi e sulle ceramiche da una M. Le statuette dedicate alla Dea nel suo aspetto di partoriente rappresentavano una donna con le gambe divaricate e tra le sue gambe si scorgevano la testolina e le braccia di un bimbo.
Il parto era accudito in forma rituale e vi erano donne che attendevano, come sacerdotesse, la loro “sorella”, durante uno dei momenti più sacri dell’espressione della Vita. Le cerimonie della nascita richiedevano una liturgia complessa che veniva svolta nel tempio e che comprendeva oggetti e abiti rituali.
Per diversi anni mi sono interrogata sul significato della lettera M, che durante i miei viaggi ho trovato scolpita o dipinta, a volte sola, a volta sormontata da una A o da una V rovesciata, nei luoghi più disparati del mondo. In quasi tutti i miei libri ne ho parlato poiché da Rennes le Chateau a Cusco da Cholula a Hendaye mi sono imbattuta in questo simbolo.
La prima volta che vidi tale simbolo mi trovavo a Rennes le Chateau sulla tomba alquanto misteriosa di Marie de Nègre (si vedano i miei libri Gra(d)al-il segreto della torre; La via degli immortali; Il ponte tra i mondi; La quinta dimensione).
A Rennes le Chateau la parola Marie è stata volutamente “sbagliata” dallo scultore della lastra davanti alla colonna che alcuni dicono sorregga la statua di Iside, all’ingresso della chiesa di S.M.Maddalena. L’errore ha consentito di scrivere la M con la A sovrapposta. Ho trovato lo stesso simbolo su architravi nel centro storico di Cusco, sopra case coloniali, in cripte e chiese quali l’Abbadia San Salvatore in val d’Orcia – Toscana, a Hendaye nella chiesetta presso la fatidica colonna nei Paesi Baschi francesi e anche a Cholula in Messico.
La piramide Tepanapa di Cholula in Messico, coi suoi 65 metri di altezza e 450 metri di lato è ufficialmente considerata la seconda più grande piramide del mondo dopo la Grande Piramide d’Egitto. Ma al momento attuale si sta scavando sotto le sue fondamenta e gli archeologi hanno già trovato in profondità otto chilometri di labirinti e gallerie sotterranei che si snodano verso l’alto e verso il basso e che si vanno ad aggiungere ai 65 metri dell’altezza, facendo della piramide di Cholula la piramide più alta del mondo.
La grande piramide Tepanapa, come si vede chiaramente dal plastico sistemato nel piccolo museo di fronte alla “collina”, ha nove livelli e fu costruita sopra una piramide più antica e più bassa. La storia ufficiale vuole che quando giunsero gli Spagnoli a prendere possesso di queste terre, la piramide fosse già ricoperta di vegetazione. Si dice che essi non lo sapessero quando vi costruirono sopra il santuario. Ma alcuni cose non quadrano: tanto per cominciare il nome Cholula significa “acqua che cade nel luogo della fuga”.
La piramide Tepanapa sorge su una piramide più antica che, a sua volta, fu costruita su un luogo di culto ancora precedente. Grande è il suo mistero: sulla sommità della “collina” c’è un piccolo santuario coloniale che risale all’epoca della conquista spagnola: il suo nome è Nuestra Señora de los Remedios: in una piccola cella laterale vi sono un altare dedicato a S.M.Maddalena e una colonnina davanti ad esso con impresso il simbolo M con A al centro.
Nel marzo 2008 partecipai a un convegno a Milano sulla figura della Maddalena. Mentre ascoltavo gli altri relatori ebbi un’intuizione: il simbolo M con A sovrapposta poteva rappresentare le iniziali di Meri Amon, ovvero “amata da Amon”, appellativo dato alla principessa Meritaton, figlia di Akhenaton e fondatrice del popolo degli Scoti. L’appellativo Meri Amon col tempo si trasformò in Myriam, il vero nome della Maddalena, e diventò il filo di collegamento tra diverse importanti donne-sacerdotesse del passato, tra cui Myriam Magdala.
Il nome Maddalena, erede della Madonna Nera che rappresenta l’antica Dea – Danae-Isis-Kali-Karidwven a seconda della provenienza – viene da MGDL Migdal o Magdal che significa torre, ma il suo nome era Myriam. Le Madonne Nere ancora oggi sono il simbolo di una Dea Madre potente e omnicomprensiva di cui Maddalena, ovvero Myriam “Magdal” ha raccolto l’eredità nelle fratellanze segrete.
Però riguardo il significato della M avevo solo congetture e nemmeno una certezza, quando finalmente dopo 10 anni di interrogativi, ecco la risposta nella stupefacente opera “Le Dee viventi” di Marija Gimbutas. L’archeologa spiega che il simbolo M rappresenta la rana stilizzata o le cosce di una donna partoriente. In entrambi i casi si tratta di simboli della Dea nel suo aspetto generativo, poiché la rana, in quanto animale anfibio, è simbolo di passaggio dall’acqua alla terra, come il bimbo che nasce. Tale simbolo è antichissimo ed è da lei stato trovato in scavi risalenti appunto al neolitico (8.000 a.C.) europeo e oltre.
Piccole dee a forma di rane venivano scolpite su vasi cerimoniali che a loro volta indicavano la Dea gravida. Scrive ancora l’archeologa: .
Dalla Sheela na gig delle chiese medievali alla odierna convinzione che il simbolo derivi dalle iniziali di “Ave Maria”, il collegamento è naturale – almeno per me – e mi parla del culto della Grande Madre che in tutto il mondo si è diffuso dall’alba dei tempi e non ha mai smesso di risuonare anche sotto altre sembianze

La Dea Rigeneratrice
E infine vi era la Dea-Uccello, la Dea-Avvoltoio, ovvero la Dea nel suo aspetto di rigenerazione. Quando un corpo “moriva” veniva esposto agli animali affinché si nutrissero della carne. Le ossa spolpate venivano poi seppellite ritualmente nel grembo della Dea Madre, come semi che avrebbero generato una nuova vita. Sì, perché la vita non finiva con la morte di un corpo. La vita si trasferiva in un altro corpo. Proprio come una pianta ogni inverno muore e in primavera rinasce con nuovi germogli. Era il corpo che tornava alla terra, non la vita. La vita non può mai morire, può solo cambiare aspetto e forma di manifestazione. Questo terzo fondamentale aspetto della Dea – la RINASCITA in un’altra forma – ci è stata negata dalla nostra cultura rendendoci tutti paurosi e atterriti dalla morte.
La Dea-Uccello era la protettrice della soglia, dell’ingresso nell’altra dimensione, speculare a quella fisica, nutrice e guaritrice attraverso il rientro nel ventre della terra, il silenzio, il riposo.
“La donna matura, nella terza fase della sua vita, possiede saggezza, compassione e valore. La sua fonte della conoscenza è l’intuizione, un sapere soggettivo dell’anima che la fa confidare nella bellezza e nella divinità dentro di sé e in tutto ciò che la circonda. Intorno ai 50 anni inizia un cammino di conoscenza che conduce alla maternità universale. Un viaggio appassionante che apre l’attenzione da se stessa verso gli altri, durante il quale la donna saggia esplora e riconosce i valori e i talenti che può offrire. E’ il momento di dire “sono qui” e condividere i valori fuori dal proprio circolo familiare“. (da “il calendario della donna saggia”, di Elena Caballero).

Onoriamo le donne Sacre, Madri e Dee
(da “Donne di mare” Macrina Marilena Maffei, Pungitopo ed.2013) racconti delle pescatrici delle Eolie
“Allora facevamo il giorno a terra e la notte a mare a pescare e che dovevamo fare? Lavoravamo la terra, andavamo nei precipizi per fare erba. In mare ne passammo pure di tempeste brutte”
“… venivamo a casa e portavamo dieci chili, venti chili, trenta chili di pesce e li vendevamo a Stromboli. Cinque ne ho cresciuti a mare, cinque figli, con la pancia così andavo a pescare”
La loro storia rivela la falsità di un modello patriarcale… donne eoliane che hanno avuto la capacità di svolgere ruoli considerati da sempre solo maschili. La loro esistenza rischia di essere dimenticata. Ma quale storia si va perdendo? Quella di donne che hanno remato di giorno e di notte, che hanno varato le barche, tirato le reti, salpato le nasse e trascinato le barche a secco. Donne che quando hanno pescato di notte, di giorno hanno seminato la terra, raccolto le olive, i capperi, e si sono occupate della salatura dei pesci. Donne che hanno navigato lontano per vendere il loro pescato, che hanno curato la famiglia, lavato i panni, riordinato le case e cucinato. Donne che hanno generato figli e li hanno allevati. E talvolta a qualcuna di loro è successo di partorirli sulle spiagge, a molte di allattarli sulle barche sballottate dalle onde.
Il salario medio corrisposto alle isole Lipari variava da una lira e dieci centesimi a una lira e ventisei centesimi per i contadini… Le donne percepivano da 42 a 50 centesimi e il loro salario non subisce variazioni nelle diverse stagioni….. Detto altrimenti alle isolane toccava in agricoltura lo stesso lavoro degli uomini ma meno remunerato… Si tenta di tener ferma l’idea che la capacità produttiva femminile è per natura inferiore a quella maschile e ha pertanto diritto a una remunerazione inferiore.
“Le donne valevano molto più degli uomini. Lavoravano immensamente di più. Avevano sette otto figli e lavoravano a terra e a mare… Andavano a pescare e venivano coi sacchi pieni di pesci… le donne. Loro andavano sole… tiravano la barca, tutto, tutto facevano”
“Andavano con le nasse… qualche volta le ho viste a pescespada… remavano coi remi di sette otto metri”
“Finché ce la facevamo andavamo a pescare… con la pancia così andavo a pescare”
“Quando erano incinte facevano di tutto, lavoravano in campagna, facevano qualsiasi cosa, non perché erano incinte non facevano niente… dovevano sempre lavorare e poi avevano tantissimi figli… perché poi ogni anno, anno e mezzo: sempre un figlio: castigate a avere figli e lavorare, figli e lavorare”
L’antica abitudine di formare equipaggi interamente femminili… le femmine pescavano pure di notte tra loro: “Mia madre portava pure i pesci con la barca a vendere nelle altre isole” .
Andavano anche sino al “continente”, dove le traversate a mare diventavano più lunghe e impegnative. Remavano in mare aperto per miglia e miglia, tirando a rimorchio una barca vivaio in cui mettevano le aragoste e i pesci più pregiati, per farli arrivare vivi a destinazione. Navigando a vela e a remi raggiungevano i porti di Milazzo, Messina, Napoli, Palermo e Salerno.
“Le femmine pure quand’era Natale portavano i pesci a Messina e a Palermo, una barca a rimorchio piena di pesci. E mi ha raccontato mia nonna che una volta ci hanno messo sette giorni”
“Erano donne ma erano preparate… non erano fesse… andavano con le stelle”
La memoria sul territorio c’è… e l’orgoglio di essere figli o nipoti di quelle donne che hanno rischiato la loro vita sul mare è ancora forte e sentito.

da Apuleio – “Metamorfosi” II sec. d.C. – traduz. Marina Cavalli – Oscar Mondadori ed.
… Era appena scesa la notte, quando mi svegliai di soprassalto, e vidi davanti a me il disco della luna piena uscito dalle onde, splendente di bianco bagliore. Nel silenzio della notte, nel mistero di quella solitudine, improvvisamente sentii la sovrana maestà della Dea, riconobbi che tutte le vicende umane sono governate dalla sua provvidenza, che gli animali domestici e selvatici, e anche gli esseri inanimati vivono in virtù del suo divino potere, in virtù della sua santa luce: tutto ciò che esiste sulla terra, e nel cielo e nel mare, prende forza dal suo crescere, e la perde al suo calare….. Mi scrollai di dosso il torpore del sonno… entrai nel mare per purificarmi, e immersi la testa sott’acqua per sette volte e alla fine, col volto bagnato di lacrime, così pregai la potentissima Dea: “Regina del cielo, che tu sia l’alma Cerere, madre delle messi che insegnasti agli uomini ad abbandonare il primitivo ferino alimento delle ghiande, mostrando loro un più dolce cibo, o sia tu Venere celeste, che al principio del mondo generasti Amore, facesti unire i sessi diversi, rendesti eterno il genere umano donandogli discendenza eterna; o sia tu la sorella di Febo (Minerva), che mitigasti i dolori del parto col sollievo dei tuoi rimedi… tu dal triplice aspetto… tu, qualunque sia il tuo nome, qualunque sia il tuo culto, qualunque sia l’aspetto in cui è lecito adorarti. Tu che illumini tutte le città col tuo femminile chiarore, tu che col tuo umido raggio nutri il seme fecondo, tu che vaghi solitaria e dispensi una luce sempre diversa… dammi tu dopo tanti affanni pace e riposo….

da “Narciso e Boccadoro”, Hermann Hesse, Oscar Mondadori ed. 1997
Una volta avevo dimenticato mia madre, ma tu la rievocasti… eravamo ancora giovinetti… ma già allora la madre mi aveva chiamato e io dovetti seguirla. Ella è dappertutto. Era la zingara Lisa, era la bella Madonna di maestro Nicola, era la vita, l’amore, la voluttà, era anche l’angoscia, la fame, l’istinto. Ora è la morte, ha le sue dita nel mio petto… Debbo prendere congedo da te e come congedo debbo dirti ancora tutto… Volevo raccontarti della madre, che mi tiene le dita strette intorno al cuore. Da molti anni creare una figura della madre è stato il mio sogno più caro e più misterioso, era per me la più santa di tutte le immagini, me la portai sempre in cuore, una figura piena d’amore e di mistero.
Ancora poco tempo fa mi sarebbe stato insopportabile il pensiero di dover morire senza aver realizzato questo mio sogno; tutta la mia vita mi sarebbe apparsa inutile. Ed ora guarda che strano destino: invece d’essere le mie mani a formarla e a plasmarla, è lei a formare e a plasmare me. Ha le sue mani intorno al mio cuore e lo stacca dal mio corpo e mi svuota; mi ha allettato a morire, e con me muore anche il mio sogno, la bella figura, l’immagine della grande Eva-Madre.
La vedo ancora e, se avessi forza nelle mani, potrei darle forma. Ma essa non vuole, non vuole che io renda visibile il suo mistero. Preferisce che io muoia. Muoio volentieri: essa mi rende facile il trapasso…
Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? Senza madre non si può amare. Senza madre non si può morire.

QUESTA E’ LA VIA CHE CAMMINIAMO PERCHE’ OGNI DONNA TORNI AD ESSERE LA SACERDOTESSA NELLA SUA CASA, IMMAGINE DELLA DEA, ONORATA E RISPETTATA, SACRA DATRICE DI VITA

ascolta la versione audioletta per me da Stea qua

estratto da Manuale della sciamana moderna, di Devana, età dell’acquario 2015

continua

La sciamana moderna – part2

Creare il tempio in casa

Durante i miei viaggi ho visto spesso, nei luoghi sacri, alberi adornati con nastri colorati. Questo magico rituale esiste non soltanto in regioni europee di matrice celtica ma anche in Nepal o in Tibet, dove in mancanza di alberi vengono adornate, con bandierine colorate, torri fatte con sassi impilati. Nell’Europa celtica tuttavia questa usanza è molto diffusa e tornando a casa da un viaggio in Irlanda decisi di decorare con nastri e piccoli oggetti il melo sotto al quale avevo già in precedenza creato il mio altare della Dea. Il melo è uno degli alberi maestri della tradizione celtica. Il mio piccolo melo ora è un tripudio di nastri e strisce di stoffa colorate che ho appeso ai suoi rami. L’altare della Dea è la risposta a un’esigenza che avevo nel cuore. Ho molti piccoli altari in ogni angolo della casa perché mi piace l’idea di vivere in una casa-tempio. Su vecchi tavolini coperti da un panno metto soprattutto pietre, bastoncini d’incenso, conchiglie, piccoli oggetti e immagini che per me hanno un significato sacro.

Tuttavia desideravo creare anche qualcosa fuori casa, nella natura, dedicato alla Dea. Così ho spostato in giardino una statuetta femminile in argilla, in  un angolo che mi “chiamava”: sotto il melo. L’ho adornata con piccoli bracciali di perline intorno al collo e attorno a lei ho posto i miei cairn fatti con pile di pietre laviche tondeggianti, perline e animaletti di vetro colorato, conchiglie, sassolini particolari, specchietti e pezzi di legno con forme strane, il tutto disposto intorno alla Dea (nella foto). Una volta alla settimana esco e benedico la statuetta con acqua vibrazionale che carico in casa sotto una piccola piramide. Spruzzo un po’ di quell’acqua su tutto l’altare e sui rami del melo sacro, accendo una candelina (se non c’è vento) in un piccolo bicchiere e lascio in una ciotola un po’ di riso o di grano. Inoltre metto attenzione sacra in ogni mio gesto quotidiano, specialmente mentre cucino, ma anche quando pulisco l’orto o rifaccio il letto al mattino. Ogni piccolo gesto quotidiano può essere fatto in modo cerimoniale focalizzandosi sul fatto che è un servizio alla comunità e alla Dea.

Nella civiltà matrifocale vissuta e prosperata nell’Antica Europa in epoca neolitica (8.000 a.C.-3.000 a.C. circa), veniva adorata la Dea Madre e ogni donna era la sacerdotessa della sua casa. Non c’era distinzione tra vita spirituale e vita ordinaria. Si praticava una spiritualità domestica e fare il pane o cuocere il vasellame o ancora tessere erano considerate attività sacre della spiritualità femminile (l’unica riconosciuta per migliaia di anni). Per questo ho riempito la mia casa di piccoli altari e immagini della Dea, come facevano le nostre sorelle del neolitico in base ai ritrovamenti delle statuette della Dea, vicino ai forni nelle case, effettuati dall’archeologa Marija Gimbutas.

Le comunità erano guidate dalle donne anziane. Tessere era compito loro, onorate e sagge “tessitrici dei rapporti umani”. La tessitura era una attività rituale. Tutte le Dee più antiche erano tessitrici. In Egitto la Dea tessitrice, precedente tutti gli altri dèi, era Nut. Dea “Madre-Padre”  senza forma né sesso, che si generò da sé autofecondandosi e dalla quale derivarono tutte le cose. Il suo nome significa infatti “Io vengo da me stessa”. Nut è la Grande Madre, la Vergine Immacolata. Come “Madre Originale” era una divinità androgina, che inglobava tanto l’aspetto femminile come quello maschile. Nut corrisponde all’Athena greca. Athena possedeva le conoscenze tecniche usate nella tessitura. Non ebbe mai alcun marito od amante e per questo era conosciuta come Athena Parthenos (la vergine Athena). E ancora le tre Parche latine, le tre Moire greche, le tre Norne scandinave: una fila, una tesse e una taglia il filo, insieme tessono l’arazzo del destino. La vita di ogni persona è una corda nel loro telaio e la lunghezza della corda è la lunghezza della vita dell’individuo. Tutte le antiche Dee partenogenetiche, create da se stesse senza l’aiuto del seme maschile, gradualmente si trasformarono in fidanzate, spose e figlie, come risposta al sistema patriarcale e patrilineare.

Nello Shinto, la religione originaria giapponese, Amaterasu Omikami è la “Grande luce splendente Madre degli Dei”. E’ rappresentata da uno specchio poiché è così luminosa e brillante da non poter essere guardata a occhio nudo. Da lei discende il Giappone stesso. E’ un culto antico di migliaia d’anni, quasi una forma di animismo che celebra la natura e la presenza della divinità in tutte le forme viventi collegate ad essa. Amaterasu  inventa l’arte della tessitura e vive in un’enorme sala colma di telai dove tesse le stoffe meravigliose che servono da modello per i kimono (secondo la tradizione i colori delle stoffe sono fonte di vita). Nei secoli II e I a.C. il Giappone fiorì come una federazione di numerose comunità molte delle quali governate da donne che detenevano un solido e indiscusso potere. Il buddismo fu introdotto solo nel 300 d.C., fino a quel momento solo “la via degli dei” shin-to era riconosciuta dal popolo.

Da sempre l’arte della tessitura è collegata alla Dea e alla Sacra Femminità. Trama e ordito rappresentano yin e yang, inspiro ed espiro della vita. Tessitura è l’arte del Creare. All’incrocio tra ordito verticale e trama orizzontale, la Dea tesse attraverso gesti di armonia, il ritmo della creazione. L’ago contiene 3 fili colorati che rappresentano le tre dimensioni dell’esistenza (cielo, terra e inferi). Questo è il telaio della Dea, un sapere di cui dobbiamo riappropriarci, l’arditezza e soprattutto Amaterasu la creazione (di cui la tessitura è il simbolo). Le leggende britanniche narrano che la spada di Artù, la sacra spada di Britannia che gli conferiva l’immortalità e l’invincibilità, non avrebbe funzionato senza il fodero cucito da Morgana durante 3 giorni di digiuno e meditazione e decorato con simboli di protezione.Il contenitore è importante quanto il contenuto nella via sciamanica…. l’arditezza e soprattutto Amaterasu la creazione (di cui la tessitura è il simbolo). Le leggende britanniche narrano che la spada di Artù, la sacra spada di Britannia che gli conferiva l’immortalità e l’invincibilità, non avrebbe funzionato senza il fodero cucito da Morgana durante 3 giorni di digiuno e meditazione e decorato con simboli di protezione.Il contenitore è importante quanto il contenuto nella via sciamanica….poiché trama e ordito sono l’andata e il ritorno. I 4 lati del telaio rappresentano le 4 direzioni e i 4 elementi alchemici (nord-terra, est-aria, sud-fuoco e ovest-acqua) le 4 fasi della creazione: acque superiori (aria), raggi (fuoco), terra e acque inferiori. Tessendo in cerchio tra donne, si incontra la Dea nei suoi differenti aspetti: Brigid la devozione, Isis la conoscenza, Afrodite la bellezza, Morrigan l’arditezza, Amaterasu, Nut, AThena. Le leggende narrano che Excalibur, la sacra spada di Britannia impugnata da Artù, gli conferiva immortalità e invincibilità grazie al fodero, tessuto dalla sorella Morgana durante 3 giorni di digiuno e meditazione.

Costruitevi un piccolo telaio e provate a tessere la vostra piccola borsina delle offerte. Una volta pronta ecco cosa potrebbe contenere: si possono riempire dei sacchettini di stoffa, ancora meglio se cuciti da sé, con tabacco naturale, riso, grano, sale, zucchero, erbe semi e fiori essiccati. Queste sostanze durano qualche tempo nei sacchettini e se avrete l’accortezza di riporli in una borsa a tracolla, che userete per fare le vostre passeggiate nella natura, o in una più piccola da mettere in valigia quando viaggiate, rimangono già pronti per ogni necessità. Infatti non potete sapere quando vi può capitare di trovarvi in un luogo che sentiate sacro. Con la pratica vi capiterà di frequente di “sentire” la magia e la sacralità e desiderare di fermarvi un attimo, connettervi allo Spirito del luogo e fare una piccola offerta. Se avete i vostri sacchettini non dovrete sbizzarrirvi a cercare qualcosa in giro da poter offrire. Si possono anche di riporre piccolissime quantità di offerte, tutte insieme nello stesso sacchettino e tenerlo appeso al collo come una collana. In questo caso però evitate il sale e lo zucchero che potrebbero sciogliersi col calore del corpo e rovinare sacchetto e contenuto.

Nelle cerimonie si usa poi creare un altare, mettendo tutti i simboli, gli oggetti sacri, gli strumenti e le offerte che la nostra creatività ci detta in quel momento. Se le cerimonie sono collettive è ancora più bello creare l’altare tutte insieme. Spontaneamente l’altare assumerà una connotazione particolare a seconda dell’energia del luogo, del momento e delle persone che si riuniscono a celebrare. La base di ogni altare è un tavolino, ma può essere anche sistemato direttamente a terra su una coperta. Io ho comprato in Perù la mia coperta per l’altare, una pezza di un metro quadrato tessuta a mano. La porto sempre con me quando mi sposto per celebrare cerimonie. Potete accendere una grande candela con molti stoppini per dare al vostro altare la caratteristica del fuoco. Ciotole con acqua, semi e un pezzetto di palosanto completano la simbologia dei quattro elementi intorno alla piuma di gufo “colui che vede nell’oscurità”.

Si possono aggiungere fiori, freschi o secchi, piccole pietre, rametti di menta e rosmarino, una ciotola con l’acqua al centro, bottigliette di agua florida e di oli essenziali, candele, un pezzetto di legno di palosanto e poi simboli della Dea in diversi luoghi della terra: un calderone e una trinacria d’argilla, la foto di una statuetta etrusca, una piuma, una fetta di pane.  Il palosanto è cedro del Libano. E’ usato nelle culture andine per purificare l’area cerimoniale. Ma si possono usare anche bastoncini di incenso o di salvia secca.

E’ anche bello creare mandala di varie forme usando fiorellini, chicchi di grano e riso, semi di girasole, sesamo, mandorle, zucchero e rametti di rosmarino. Per creare il suono poi si aggiungono campane tibetane e  campane di cristallo (molto più costose). Si usano spesso gli strumenti etnici nelle cerimonie. Poiché sono facili da suonare, non richiedono particolari studi o abilità ma solo sensibilità e apertura di cuore. Ma sono in grado di offrire un’atmosfera mistica sublime che aiuta gli spiriti a elevarsi velocemente e gli animi a porsi in un’attitudine di pace e comprensione, essenziali per contattare la divinità interiore.

Creare piccoli altari in casa e in giardino naturalmente non basta a garantire di camminare la via della spiritualità femminile. Le componenti sono molte altre e occorre soprattutto studio, pratica e onestà. Ma sicuramente passare accanto a un altare con immagini che richiamino la spiritualità nativa e la Dea contribuisce a risvegliare le memorie sopite nell’acqua delle nostre cellule. E’ un buon sistema per creare nella propria abitazione una atmosfera sacra, di rispetto, pace e contemplazione e a portare in quegli angoli il proprio pensiero positivo e il proprio riconoscimento della sacralità della Vita.

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Estratto da “Manuale della sciamana moderna”, di Devana (Età dell’acquario 2015)

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La sciamana moderna – part3

L’elemento acqua e le sue cerimonie

Nel corso dei miei viaggi intorno al mondo mi sono resa conto, in modo del tutto fortuito, che mettere i piedi nell’acqua, di un sito sacro o in un luogo purissimo della natura, che sia fonte, ruscello, lago, oceano o vasca rituale, consente di assorbire attraverso i piedi le memorie di quel sito. La sua storia, la sua energia, le motivazioni per cui è stato costruito: tutto l’acqua memorizza, conserva e trasferisce in noi nel momento in cui veniamo in contatto con quell’acqua, per effetto della risonanza. Le molecole dell’acqua comunicano tra loro e noi siamo composte di acqua per la nostra quasi totalità. L’acqua di cui siamo composte viene informata e risvegliata dall’acqua che scorre nei siti sacri e nei luoghi incontaminati della natura ricordandoci il nostro essere Divine figlie della Dea e portandoci il messaggio della guarigione e dell’interezza direttamente dal cuore della Madre Terra.

Ogni sito sacro o con importanza esoterica sorge vicino a un passaggio d’acqua. Le nostre antenate fin dall’alba del mondo pregavano vicino a luoghi d’acqua, specialmente sorgiva, poiché ritenevano che l’acqua fosse il punto per attraversare le dimensioni e dunque un portale. Ho visto vasche di acqua rituale in ogni sito sacro in tutto il mondo, dai nilometri egizi nella valle di Giza alle vasche del viale dei morti di Teotihuacan in Messico, dagli enormi baray di Angkor in Cambogia alle vasche della città sacra di Cham Cham in Perù, dai templi shinto in Giappone alle sorgenti dei più sacri luoghi della cultura celta e precelta, come Tara in Irlanda e Tintagel in Cornovaglia. Entrare coi piedi – o con tutto il corpo quando è possibile – in queste acque è fondamentale per mettere in moto il risveglio di memorie che poco alla volta ci porta a vivere la dimensione sacra in ogni nostra azione.

Cantare mentre si sta con i piedi nelle acque pure di ruscelli di montagna, o suonare strumenti etnici, come tamburi, campane tibetane, maracas è una buona e semplice cerimonia sciamanica. Da sole o con le vostre sorelle spirituali andate nei boschi, camminate entrando in contatto con la Dea attraverso il suo corpo che è la natura, e quando trovate dei punti d’acqua immergete i piedi. Cominciate a emettere dei suoni dolci e delicati, concentrandovi sulla potente connessione che provate in quel momento e offrite, attraverso la voce, la vostra gratitudine e il vostro amore alla Madre. In questo modo è possibile oltre a prendere informazioni dall’acqua anche metterne. Informazioni riguardo al nostro riconoscere la Dea come datrice di vita e al nostro onorarla in ogni sua manifestazione, aiutando così a guarire i molti abusi e violenze che la Madre ha subito negli ultimi 5000 anni.

A volte abbiamo la fortuna di incontrare sul nostro cammino delle sorgenti di acqua calda libera nella natura, come quelle di Bagni San Filippo sul monte Amiata in Toscana, o i molti fiumi caldi che scorrono in Islanda. A Rennes les Bains, nel sudovest della Francia, esiste ancora la vecchia uscita di acqua calda dell’epoca romana. L’acqua si getta poi nel fiume sottostante e lì la commistione di acqua calda e fredda crea un punto di fortissima energia, poiché l’acqua calda e quella fredda trasportano informazioni molto diverse. L’acqua calda sorgiva è il nostro contatto con le memorie del fuoco e dei vulcani. Quando troviamo uno di quei punti la cosa migliore è spogliarsi e immergersi totalmente lasciando che le antichissime memorie del cuore della terra, dei metalli, delle pietre, entrino in noi, attraverso l’effetto della risonanza con l’acqua del nostro corpo, risvegliando il nostro senso di appartenenza cosmica.

Le abluzioni nell’acqua prima di accostarsi alla preghiera o a qualsiasi momento cerimoniale fanno parte di tutte le tradizioni, religiose o pagane, in ogni angolo del mondo. Entrare nell’acqua ci prepara al contatto col divino e ci mette in sintonia con gli Spiriti del luogo. Abbiamo una memoria cellulare di questa tradizione e la riproduciamo ogni volta che ci laviamo la faccia al mattino. Divenire consapevoli che lavarsi è un atto sacro, aprirsi alle informazioni che l’acqua ci passa, è un modo per rendere sacra una routine della nostra vita ordinaria. Non solamente prendiamo l’abitudine di entrare coi piedi nell’acqua, se pura, in ogni luogo della natura e in ogni stagione dell’anno (se lo si fa con intento sacro la vibrazione si alza e gli anticorpi impediscono il raffreddore), ma impariamo a rendere sacra e consapevole anche la doccia o il bagno in casa.

L’acqua vibrazionale, ossia a 7 frequenze, è presente liberamente in natura in luoghi particolari. Alcuni di questi con il tempo e la frequentazione si sono trasformati in santuari dove all’energia tellurica si è sommata  quella devozionale dei pellegrini. L’acqua scorrendo memorizza quell’energia e la conserva per comunicarla ad altre molecole d’acqua con cui viene in contatto. Poiché il nostro corpo è in gran percentuale composto d’acqua con molecole identiche a quelle dell’acqua libera in natura, le due molecole incontrandosi si riconoscono e cominciano a vibrare insieme. Questo è l’effetto risonanza. In questo modo l’acqua a 7 frequenze trasferisce il messaggio della guarigione e del risveglio al nostro corpo. In alcuni luoghi, poi, l’acqua è così forte che da secoli viene bevuta a scopo medicinale. In quel caso i 3 sorsi sacri sono raccomandati.

Ho preso l’abitudine di “aspettarmi” acqua vibrazionale in ogni sito sacro sulla Terra e in effetti, anche se a volte non è segnalata o immediatamente visibile, facendo una piccola ricerca la si può scoprire in qualche pozzo o antico rubinetto. Viaggio sempre con qualche bottiglina vuota di quelle con il contagocce. Raccolgo tutte le acque significative che incontro e al mio ritorno a casa metto un’etichetta sulla bottiglia per utilizzarla in seguito. Tuttavia, tranne dove sono totalmente sicura della sua potabilità, generalmente evito di berla o farla bere. Ma la sua forza non cambia utilizzandola per microinformazione (ossia trasferendo le informazioni attraverso la pelle) tramite le 3 gocce cerimoniali che vengono poste sul palmo della mano sinistra a triangolo e poi spalmate sul corpo cominciando dalla testa. Questa è una cerimonia semplicissima ma potente da usare ogni volta che serve una purificazione o un rinforzo energetico.

Il potere dell’acqua è qualcosa da conoscere e sperimentare nell’attitudine sciamanica di vita. L’acqua può essere sia raccolta nei siti sacri o in luoghi puri della natura, sia caricata con l’intento espresso ad alta voce o con il proprio canto. Bisogna usare acqua del rubinetto (non quella minerale) in una ciotola di vetro. Parlando nella ciotola ed esprimendo chiaramente la propria richiesta o preghiera, le frequenze della nostra voce informeranno l’acqua nella ciotola e la caricheranno della nostra richiesta. L’acqua così caricata può essere usata per aspergersi, purificare il nostro luogo di meditazione o il letto prima di dormire, o addirittura allungandone 3 gocce nell’acqua che si beve a tavola, nel bagno, nel pediluvio, per le piante. Gli utilizzi dell’acqua caricata sono infiniti. L’importante è utilizzarla in poco tempo, rifarla spesso utilizzando acqua nuova e conservarla in frigorifero per evitare la formazione di microrganismi.

Per poter utilizzare al meglio le acque prese nei siti sacri (non importa a quale via spirituale appartengano) bisogna scoprire la loro “nota di base” ossia la caratteristica portante che esse possono risvegliare in noi. Per esempio ho raccolto acqua da un pozzo sotto la collina di Tara, che era il luogo dove venivano incoronati i grandi re nella tradizione celtica. Quell’acqua risveglia LA SOVRANITA’, il senso del proprio valore e onore. Anni fa raccolsi un po’ di neve sull’Etna e, una volta sciolta, la travasai in una bottiglietta. Quell’acqua è FUOCO DI VULCANO ossia risveglia in noi il calore, la forza, l’energia del cuore della terra. In Chile ho raccolto acqua in un laghetto dell’Araucania dove i nativi Mapuche si bagnavano prima delle cerimonie. Poiché i Mapuche sono riusciti a conservare la loro identità etnica, nonostante gli inka, gli spagnoli, gli olandesi, gli americani e gli squadroni di Pinochet abbiano provato a sottometterli, quest’acqua è INDOMITA FIEREZZA e risveglia la capacità di combattere per ciò in cui si crede. L’acqua presa al Finisterre di Galizia, l’ultimo tramonto d’Europa, è MORTE/RINASCITA. Ogni luogo di acque porta in sé una caratteristica: scoprite cosa si faceva in quel luogo e avrete la “medicina” dell’acqua.

La frequenza delle acque vibrazionali può essere misurata con un pendolo tramite la scala Bovis (scaricabile da internet). Per una felice intuizione un giorno provai a misurare dell’acqua caricata sia con il mio canto sia con frasi e intenti positivi: aveva un’energia fortissima, il livello di Bovis (l’unità di misura della frequenza dell’acqua) era più alto dell’acqua di Lourdes. Così cominciai a sperimentare e a condividere con le mie sorelle spirituali in Italia Svizzera e Spagna i miei esperimenti. Scoprimmo che tutte eravamo in grado di caricare l’acqua e che le informazioni, le richieste, le preghiere che recitavamo parlando all’acqua del rubinetto nella ciotola, venivano memorizzate e l’acqua alzava la sua vibrazione. Cominciammo così a preparare acque specifiche per ogni nostra necessità: dal mal di stomaco ai pidocchi sulle foglie delle rose. Basta inserire nell’acqua la frase in modalità positiva: per esempio “il mio stomaco sta bene e digerisce perfettamente ciò che io mangio”, “le mie rose sono sane e protette da tutto”.

Il mare, l’oceano, questa immensa massa d’acqua, è per sua natura portatrice di uno stato dell’anima meditativo e introspettivo. Stare sedute sulla spiaggia a guardare e ascoltare l’acqua è già di per sé un viaggio sciamanico. Ho osservato l’acqua di tutti gli oceani del mondo e di quasi tutti i mari e bagnandomi in essa ho ricevuto attivazioni cellulari. Molti eremiti cercavano luoghi sperduti vicino all’acqua, dove creare i loro romitaggi con fratelli e sorelle spirituali. Quello nella selvaggia isola Skellig Michael, al largo della costa sudoccidentale dell’Irlanda, vale come esempio: oggi in rovina ma pur sempre fortissimo. Il movimento di andata e ritorno dell’acqua è una continua costante meditazione sulla ciclicità della vita nelle sue manifestazioni al di qua e al di là dello specchio. Trovate un sito con acqua vicino alla vostra casa e lì andate a meditare: il contatto con l’acqua, come con il fuoco, aiuta a connettersi alla Dea.

La ricerca dell’ultimo punto all’estremo ovest dove si poteva vedere il sole calante, è stata un obiettivo dell’umanità fin dai primordi. I nostri antenati camminavano per migliaia di chilometri da est a ovest attraverso l’Antica Europa per arrivare al Finisterre di Galizia, estrema propaggine della Spagna settentrionale. Dopo c’era solo l’oceano. La visione del tramonto  in quel sito risveglia la consapevolezza che contemporaneamente esso sta sorgendo nell’altro emisfero e che la “morte” da una parte dello specchio corrisponde alla “nascita” dall’altra parte. Il senso di continuità e di perfezione ciclica di cui si diviene consapevoli meditando al tramonto al Finisterre riequilibra la più grande paura dei nostri tempi: quella della morte. Poiché è proprio qui che si comprende all’improvviso che la morte non esiste. Meditate al tramonto, nel giardino di casa vostra davanti a una ciotola d’acqua, poiché l’ovest nella ruota di medicina è la direzione dell’acqua.

Le offerte all’acqua sono tra le cerimonie che ho risvegliato dalle mie memorie cellulari. L’acqua è l’elemento con il quale mi sento maggiormente in risonanza e dove opero quasi tutte le mie cerimonie. All’acqua si possono offrire canti e suoni, poiché l’acqua come sapete viene informata dalle vibrazioni emesse. E si possono anche offrire piccole quantità di sostanze  biodegradabili – riso sale grano zucchero erbe e fiori – che l’acqua porterà con sé insieme al nostro intento di preghiera e ringraziamento. E’ fondamentale che le offerte siano piccole e biodegradabili, per non lasciare tracce o insozzare la natura. Quindi devono essere gettate nell’acqua sciolte: assolutamente niente contenitori. Le offerte all’acqua, come le abluzioni dei piedi o del corpo, alle quali spesso si abbinano, sono ideali in primavera e in autunno, per festeggiare gli equinozi, l’equilibrio, le stagioni intermedie con la loro dolcezza. Mentre le cerimonie di fuoco sono più adatte per onorare le stagioni forti, estate e inverno, ovviamente ai solstizi.

Ho parlato molto dell’importanza di mettere i piedi in acqua tanto nei siti sacri quanto in pozze, ruscelli, fiumi, laghi o mari incontaminati. Meditare e pregare nell’acqua è una azione di una forza impressionante. Se finora l’approccio all’acqua è stato sempre attivo, per chiedere o offrire o cantare o ricevere informazioni, ora ve ne spiego uno passivo: stare coi piedi nell’acqua può anche essere vissuto semplicemente come un “non fare”. State ferme, immobili, ascoltando la carezza dell’acqua sulla pelle e rilassando i muscoli per non opporre resistenza al freddo. E’ un grande esercizio di volontà ma è anche un momento di quiete e purificazione totale, passiva, ricettiva. Prima di “andare al tempio” passate dal fiume, entrate coi piedi nell’acqua e lasciate andare i pensieri e le pesantezze della giornata. E’ un sistema che uso moltissimo anche quando sono stanca, sovraccarica o tesa. L’acqua fredda del fiume Margorabbia mi accoglie sempre con dolcezza. State ferme nell’acqua. In silenzio, con gli occhi chiusi. In ascolto. Se il fiume o il ruscello offre un angolo appartato dove possiate stare sole o con le vostre sorelle, approfittate per fare un bagno floral. Si tratta di una cerimonia di purificazione andina. Si mettono a bollire in un pentolone d’acqua fiori ed erbe aromatiche di stagione e alcune spezie. Quando sarete coi piedi nel fiume aggiungerete un po’ della sua acqua a quella bollente nel pentolone. Poi vi denuderete e immergerete i piedi nel fiume (o lago o torrente). A turno e reciprocamente (di solito si fa in due donne ma si può anche in gruppo) vi  verserete addosso l’acqua floral con un mestolo, purificando tutto il corpo a partire dalla testa. Nel bagno floral di primavera si può bollire: rosmarino, ruta, salvia, mimosa, chiodi di garofano, cannella, buccia d’arancia. Quando tutte vi sarete purificate, ringraziate la terra e l’acqua con una piccola offerta.

A volte l’universo offre dei doni insperati. Ero in viaggio in Catalunya cercando informazioni sul catarismo e sulla misteriosa torre Magdala di Girona – gemella di quella francese di Rennes le Chateau  – oggi rasa al suolo per motivi incomprensibili. Giunta a Girona sono entrata casualmente nell’antico quartiere ebraico. Lì mi è capitato sottomano un volantino che parlava del miqvé di Besalù, ossia l’antica vasca rituale dove gli ebrei compivano le loro abluzioni. Era a poco più di mezz’ora di autobus. Ovviamente ci andai. Non potei quella volta entrarvi coi piedi. Il luogo storico, sotto la protezione della municipalità, era accessibile solo in gruppo e con una guida. Potei solamente chiedere alla guida di consentirmi  un momento di sosta e meditazione da sola sul gradino più vicino all’acqua. I 9 gradini, che scendevano ad una vasca alimentata dal fiume in un portico chiuso, erano una straordinaria conferma di quanto l’acqua sia il comune denominatore di ogni ritualità. Quella volta il contatto con l’acqua avvenne in modo non fisico: l’allenamento mi permise di “sentirla” ugualmente.

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Estratto da “Manuale della sciamana moderna”, di Devana (Età dell’acquario 2015)

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La sciamana moderna – part4

L’elemento pietra e le sue cerimonie

Quando ci si pone all’interno di un cerchio di pietre o lo si percorre dall’esterno fermandosi a salutare ogni pietra, ci si riconnette automaticamente con la nostra origine. Alla pari dei luoghi d’acqua, i cerchi di pietre sono i più antichi luoghi di preghiera sulla terra. Ancora nessuna certezza riguardo a chi li abbia costruiti e perché. Le datazioni al carbonio funzionano solo per la materia organica: nulla dicono né sul momento in cui i cerchi furono creati né sulle loro funzioni. Ma non importa. Perché quando si sta in un cerchio di pietre si entra immediatamente in un’altra dimensione, sintonizzata con una frequenza sacra e arcana. Il cerchio è la figura Madre, è l’origine senza gerarchie, è la modalità dell’uguaglianza. E’ l’eterno ritorno. Tutte queste memorie sono impresse nelle nostre cellule. Porsi in ascolto e meditazione al centro di un cerchio le risveglia, risveglia il nostro senso di appartenenza e di sacralità.

I nostri antenati, che fossero terrestri o extraterrestri come sostengono alcune teorie, che fossero più o meno evoluti di noi (personalmente ritengo che lo fossero di più: chi era in grado di movimentare e direzionare megaliti lungo allineamenti astronomici con tale precisione, non poteva essere una specie di scimmione come vogliono farci credere le teorie evoluzioniste; in verità sono convinta che siamo noi ad aver perso il sapere!) sapevano (appunto) che le pietre sono ricetrasmittenti come l’acqua. Spesso nei siti sacri si trovano entrambe: pietra e acqua. In alcuni luoghi sacri l’acqua non è fisicamente più presente perché si è prosciugata, come in certi templi egizi o peruani o nel cosiddetto “viale dei morti” di Teotihuacan in Messico – una serie di cinque piscine allineate che conducono dalla piramide di Quetzalcoatl alle piramidi del Sole e della Luna – o ancora nella cosiddetta “piazza del mercato” di Chichen Itzà, Yucatan, che era una piscina. Eppure anche lì la memoria dell’acqua e la sua funzione sono rimaste.

Cerco gli stone circles ovunque ne possa trovare, specialmente quelli nascosti in luoghi selvaggi dove non c’è un ticket d’ingresso da pagare e una guida da seguire, come quello che mi costò tre ore di ricerca in mezzo alla brughiera del Dartmoor. Quando ne trovo uno, prima giro intorno tre volte in senso orario salutando ogni monolito e poi entro da est e stando rivolta a ovest giungo le mani e mi metto in ascolto. Dopo anni di pratica i messaggi giungono immediatamente. Una chiara voce che mi parla nella testa con parole gentili e mi racconta ciò che avvenne e perché. Naturalmente nulla che si possa trovare su qualche libro o che gli archeologi approverebbero. I luoghi di culto megalitici sono sopravvissuti alle catastrofi naturali e a quelle provocate dall’uomo. La pietra è eterna e dotata di memoria. Il più resistente archivio che ci sia.

Le tor sono torri di pietre tonde, appiattite una sull’altra. A volta sembra che siano state spostate e posizionate da un gigante. A volte, invece, è molto chiaro che si tratta di un unico grande monolito eroso orizzontalmente dal tempo. Qualunque sia la sua origine, le tor rimangono comunque punti magici dove contattare la forza e la potenza selvaggia degli elementi poiché sorgono o si formano sempre in aree molto battute dal vento, come si può vedere dai rigonfiamenti della mia giacca a vento nella foto. Il cammino per arrivare a una tor è già di per sé un cammino meditativo, sole con se stesse e con il vento. Quando infine si arriva in cima e lo sguardo può spaziare intorno a 360° sulla brughiera piena di erica fiorita, la mente si placa e le percezioni si ampliano per sentire la forte presenza degli Spiriti del luogo. Gli Spiriti della natura chiedono di poter comunicare con noi e lo fanno meglio se non ci sono distrazioni intorno: altre persone, altri suoni, strade o segni della civiltà. Offrite alla tor una presa di tabacco o di erbe secche profumate e permettete alle pietre e ai loro Spiriti di risvegliare nella vostra memoria cellulare ciò che siete pronte per comprendere.

Non occorre andare per forza all’estero per trovare monoliti e siti sacri dove la pietra ancora trasmette la sua memoria. In Valtellina, nell’alta Lombardia, il Megalito di Grosio come una meravigliosa balena di pietra giace su un fianco mostrando emozionanti petroglifi. Chi vive al centro può andare sull’Amiata in Toscana alla “scogliera” che si raggiunge da Abbadia San Salvatore (Siena), chi vive al sud può andare ai megaliti di Nardodipace (Vibo Valentia) in Calabria o a quelli di Argimusco, sui monti Nebrodi in Sicilia. Una volta in presenza di queste antiche pietre toglietevi le scarpe e le calze e posate le piante dei piedi nudi sulla superficie, connettendovi con la sacralità di queste pietre maestre. Anche lungo il Cammino dei Druidi a Compostela (quello riaperto da me e Teresita Ramos nel 2012, si vedano i miei scritti su “La via pagana a Compostela”) vi è un punto dove un enorme monolito si distende come una balena. In quel punto Teresita ed io ci togliemmo le scarpe e le calze. Lo percorremmo a piedi nudi cantando e offrendo tabacco, risvegliando così l’antico cammino pagano. La pianta dei piedi è un grande recettore, come i palmi delle mani. Attraverso questi punti di ingresso filtrano le informazioni che risvegliano le nostre memorie o attivano i nostri talenti (provate a mettere le mani sui tronchi degli alberi o i piedi nella terra o sulla sabbia, stando in ascolto). Camminare sui megaliti plurimillenari serve a comprendere il passato. Ciò che avvenne e ciò che avviene. La “storia” non è un processo lineare, bensì spiraliforme. Il passato ritorna sotto forma di futuro ad un livello più sottile (o più denso a seconda di quale parte della spirale si osserva). Lasciare entrare le memorie degli elementi, quindi anche delle antiche pietre, serve a comprendere il senso profondo, autentico, del nostro essere qui e ora. Capire le cause reali e le motivazioni degli eventi, delle scelte, come risultato di millenni di evoluzione serve a smettere di sentirsi vittime di una società o di un sistema politico o economico. Serve a comprendere che tutto ha un senso e un’utilità e che se smettiamo di lamentarci, e guardiamo “oltre” lo specchio, troveremo pace e comprensione. Proprio come i nostri antenati che scolpirono i petroglifi.

Si trovano altari e luoghi di culto megalitici anche nella nostra terra, quasi sempre inglobati in chiese o riconvertiti al cattolicesimo. Vicinissima alla mia casa in Valganna c’è un’edicola contenente un piccolo altare con un San Giuseppe. Sull’altare è scolpito un fiore della vita e dietro l’edicola fa ancora bella mostra di sé l’antico altare di pietra pagano, che non è stato rimosso ma semplicemente “nascosto” dalla costruzione in muratura. Vi sono “sedili del diavolo” ossia luoghi di culto pagano (tutti questi antichi luoghi di culto sono stati ribattezzati “del diavolo” o “delle streghe”, per scoraggiare le persone dal frequentarli quando non potevano essere riconvertiti al culto di massa). I grandi sedili di pietra accolgono chi si siede come arcani “maturatori” per riattivare memorie. Quando, dopo essermi seduta, mi sono collegata alla pietra, ho avuto la visione di essere come in un grande uovo energetico nel quale lingue di luce colorata mi attraversavano trasferendomi voci e suoni dell’antico monolito. Troni di pietra come quello in Val d’Orcia, o come le fauteuil du diable a Rennes les Bains, nel sud della Francia, dove sono addirittura scolpiti simboli esoterici, esistono in molti luoghi del mondo, proprio come i tumuli e le piramidi. Essi sono parte di quell’antica cultura nella quale la pietra era considerata maestra e portatrice della medicina di stabilità e saggezza. Sopra Cusco, nell’immensa area cerimoniale di Sacsayhuaman, ve ne sono dozzine, fuori dal circuito turistico che si limita alla più eclatante “muraglia a zigzag”. Il senso di queste rocce, scavate per ricavarne sedili,  possiamo solo intuirlo: certezze non ce ne sono. La mia esperienza, una volta seduta sui troni di pietra in Toscana, in Francia e in Perù,  è stata quella di sentirmi immediatamente inglobata nell’ambiente circostante diventandone parte. Percezione di calore e pizzicore mi facevano comprendere come si stessero risvegliando memorie che poi si sarebbero chiarite al ritorno, e che avrebbero contribuito a rendere sciamanica la mia vita da ordinaria.

L’acqua e la pietra lavorano insieme. Insieme formano un sistema ricetrasmittente dell’antico sapere, una specie di portale che traghetta nella dimensione della magia chi sa ascoltare e percepire. Le grotte attraverso le quali scorre acqua, che sia dolce o salata, sono in più uteri nei quali celebrare le proprie cerimonie di rinascita. Cercate una grotta, possibilmente con una pozza o un corso d’acqua all’interno. Preparatevi già dal giorno prima entrando in uno stato di meditazione e dolcezza interiore, sapendo che a breve vi ricongiungerete al ventre materno. Portate con voi delle scarpette antiscivolo, da indossare nel caso le pietre siano sdrucciolevoli o aguzze, così da non perdere l’attitudine meditativa a causa della difficoltà di movimento. Ed entrate nella grotta con reverenza. Una volta dentro, cercate una pietra su cui sedervi mentre tuffate i piedi nell’acqua. Restate così finché vi sentite a vostro agio, nel buio, liberandovi dei pesi. E quando uscirete alla luce, ringrazierete la Madre per darvi la vita ogni giorno.

Anni fa, nel mio libro “La via degli immortali”, illustrai una mia intuizione, della quale ho di recente trovato conferma nelle opere dell’archeologa Marija Gimbutas. Secondo me i menhir sono enormi simboli fallici e i tumuli a corridoio enormi uteri in ventri di pietra gravidi. Spesso sono stati verificati collegamenti tellurici tra i menhir e i tumuli. Nel mio libro avevo immaginato che un menhir potesse essere steso, inserito nell’utero di un ventre in pietra e fecondato dal raggio solare. Questa unione crea siti magici dove anche senza cerimonie particolari il livello di coscienza sale, poiché la vibrazione della pietra è tale che risveglia la memoria cellulare e cambia le nostre credenze di riferimento. Sedete su un enorme menhir in silenzio e meditazione, quando possibile a piedi nudi (se ci sono animali al pascolo nei dintorni evitatelo, perché potrebbero esserci zecche) e lasciate semplicemente che la pietra operi. Le nostre mani sono fonte di energia e usandole opportunamente è possibile amplificare l’effetto della pietra. Trovandomi su una sacra pietra pregna di energia maschile è immediato ed intuitivo per me appoggiare le mani sulle ovaie come per agevolare la via d’accesso al “seme” proveniente dalla pietra. Noi umani siamo vasi che devono essere riempiti di conoscenza ed esperienza. Sdraiarsi permette l’accesso di informazioni anche attraverso altri punti d’accesso, soprattutto la nuca, le scapole e le natiche. Usate l’intuizione e le mani per facilitare questo processo in ogni situazione nella quale percepite la magica vibrazione, che potrebbe essere anche mentre siete sdraiate su una roccia al sole in riva al mare o sdraiate sulla neve o sull’erba del giardino di casa. La magia è ovunque e si rivela a chi ha rispetto, dolcezza, generosità e umiltà.

Mettersi in rapporto con le antiche pietre è un modo per accelerare il risveglio di memorie che ci trasportano nella dimensione magica. Se vi ponete ai piedi di un menhir e, dopo averlo toccato e ringraziato per la sua maestà, alzate lo sguardo a cercarne la cima, avrete come la sensazione che lui si pieghi verso di voi e sentirete vertigini. In realtà non si sta piegando ma ci sta mostrando quanto la nostra percezione sensoriale sia fallace e pericolosa. Non esiste nulla di più illusorio dei sensi: crediamo di stare ferme e invece giriamo con il pianeta a migliaia di chilometri al secondo; crediamo di vivere in posizione verticale e invece, secondo l’asse del pianeta, noi viviamo in posizione orizzontale, o forse nemmeno quello visto che nello spazio l’”alto” e “il basso” non esistono. I sensi ci danno solo una serie di impulsi biochimici derivanti dalle credenze ossia da ciò che sono programmati a trasmetterci. Entrare nella dimensione magica delle antiche pietre ci aiuta a uscire dalla programmazione sensoriale: il che rappresenta la base del cammino sciamanico.

E’ importante mettersi in movimento e viaggiare per trovare gli antichi luoghi di culto pagano segnalati dalle antiche pietre. E ogni volta che se ne incontra uno, è importante collegarsi dal centro – dal cuore, dall’ombelico e dal terzo occhio – con lo Spirito del luogo e pregare e ringraziare. Come ho detto vi sono luoghi di potere arcano anche vicino a casa, per chi non potesse affrontare viaggi (tuttavia l’Irlanda o l’Inghilterra sono relativamente vicine, la Bretagna e la Galizia sono raggiungibili in auto per chi non vuole volare). Ma se proprio non riuscite a muovervi e non trovate siti di pietre vicino a voi, niente paura. Tutto è collegato. Tutto è uno. E la magia è ovunque per chi la evoca. Anche nel giardino di casa o nei parchi cittadini per chi vive in città. Provate a collegarvi con le primule o i primi crochi che spuntano sotto la neve e troverete un mondo magico di cui forse non vi eravate mai rese conto.

Durante una meditazione nello sperduto tumulo in Irlanda, ebbi la fortuna di vedere un raggio di sole entrare dalla bocca d’accesso al corridoio. Non era un particolare momento cosmico. Ma la giornata era grigia e, tuttavia, in quel momento le nubi si aprirono consentendo questo piccolo miracolo. Ebbi l’intuizione immediata che il raggio di sole che entra nel passaggio dei tumuli è la riproduzione analogica del seme solare che penetrando nell’utero di pietra ingravida la terra. Quando ci si pone in ascolto negli antichi siti di potere, le intuizioni arrivano veloci e precise come laser, portando con sé le risposte e le visioni relative alla nostra origine e a come utilizzare i luoghi di preghiera che i nostri antenati ci hanno lasciato. Trovarsi in un tumulo quando entra il raggio del sole corrisponde ad essere vivificati dal matrimonio alchemico tra le due energie polari del nostro piano di esistenza: la femminile e la maschile. Durante il mio secondo viaggio in Egitto nel 2005 (sempre con  la stessa giacca a vento!!!), sentii il bisogno di collegarmi con la schiena agli enormi blocchi di pietra squadrati, che compongono il tempio della Sfinge. Nei successivi 10 anni di viaggi avrei trovato gli stessi blocchi nei siti sacri di tutto il mondo: Perù, Giappone, Cambogia, Sardegna, Messico, Isola di Pasqua, Antica Europa pre-celtica e altri ancora. La scoperta che i luoghi megalitici di tutto il mondo si corrispondono quanto ad architettura, portò in me la coscienza dell’origine comune della razza umana. La “divisione” in razze è venuta in tempi relativamente recenti rispetto alle decine di migliaia di anni che contano i templi megalitici. La storia è ciclica e periodicamente torniamo allo stato di coscienza che chiamiamo Eden, ossia Unità. Abbandonare l’attaccamento alla storia recente e collegarsi, nella vita ordinaria, alla millenaria storia ciclica dell’umanità ci immette nella via sciamanica e ci rende umili.

La Sardegna è uno dei luoghi più magici che io abbia sperimentato, e posso dirlo a ragion veduta poiché dal Perù al Tibet sono stata nei luoghi più altamente mistici del mondo. Peccato che questa magnifica e antica terra di Shardin (questo il nome del popolo nativo europeo che già ci viveva prima delle invasioni indoeuropee) venga frequentata solamente per le sue spiagge “caraibiche”. Tuttavia, senza rinunciare al mare, abituatevi a integrare i momenti di relax coi momenti di sperimentazione dei siti sacri. Poiché nessuno verrà con la bacchetta magica o con l’astronave a salvare l’umanità. Ci salviamo da sole portando volontariamente la magia nella nostra vita e cambiando la frequenza della dimensione ordinaria. La Sardegna è ricchissima di siti megalitici, come i villaggi nuragici o le tombe dei giganti, dove collegarci alle antiche pietre, per risvegliare le nostre memorie native semplicemente passeggiando. Tra le meraviglie della Sardegna, le tombe di giganti sono sicuramente, insieme ai nuraghe, al primo posto. Vi sono molte congetture sull’utilizzo di questi corridoi monolitici. E sebbene al loro interno siano state trovate ossa che le hanno bollate come sepolture, nessuno ha potuto dire con sicurezza se quella fosse la loro destinazione originaria o se, invece, siano state anche usate come tombe parecchio dopo la loro costruzione. In Sardegna c’è la credenza che sdraiarsi in una tomba di giganti e passarvi la notte serva a ricevere visioni riguardo alla propria missione in questa vita e alla propria provenienza. Personalmente non credo che originariamente fossero tombe. Sento che questi corridoi, alla pari dei loro omologhi in Bretagna, Irlanda e Inghilterra, sono in realtà dei luoghi iniziatici dove i veggenti passavano del tempo, dopo meticolosi rituali di purificazione, per avere risposte. Sedetevi in una tomba di giganti e attendete le vostre risposte.

I dolmen sono a mio avviso veri e propri uteri nei quali creare il proprio rituale di rinascita. L’apertura d’ingresso così bassa serviva proprio a riprodurre la vagina e la necessità di strisciare per uscire dal canale del parto. L’Europa è ricca di dolmen. Oltre ai più famosi ve ne sono di isolati, dove i turisti non vanno perché sono fuori dai circuiti commerciali. Trovate un dolmen isolato. Dopo esservi collegate e aver chiesto accoglienza e protezione allo Spirito del luogo con piccole offerte di tabacco alle pietre, create il vostro proprio rituale di rinascita. Potete sedere all’interno del dolmen, magari approntando un piccolo altare dove bruciare dell’incenso (siate molto attente a non propagare scintille in luoghi aridi) e suonare la vostra maraca portatile. State in meditazione con la schiena contro la pietra finché vi sentite pronte per “uscire”. A quel punto strisciate fuori dall’apertura-vagina e lasciatevi alle spalle ogni volta le vecchie credenze. Ripulite bene il sito da ogni traccia della vostra presenza prima di lasciarlo. La via sciamanica è prima di tutto ecologica e rispettosa dell’ambiente.

Nel 2009 viaggiai per un mese in sud America per corroborare una mia teoria riguardante la ghiandola pineale, che già avevo elaborato anni prima nel mio libro “Gra(d)al-il segreto della torre” (scaricabile gratuitamente dal mio sito). Il mio viaggio mi portò attraverso il sud America, dall’Isola di Pasqua fino allo stato del Tabasco in Messico. Il contatto con i Moai di Rapa Nui (nella foto), le enormi teste di pietra ricavate dalla lavorazione di filoni di basalto della cava nella bocca del vulcano, risvegliarono in me la memoria di questa certezza, che fu poi riconfermata dal contatto con le altrettanto enormi teste olmeche, create dall’omonima antichissima ed evoluta cultura diffusasi in una certa area del Messico. Le teste dell’Isola di Pasqua sono stilisticamente diverse da quelle messicane, ma il messaggio è il medesimo: nella testa è il canale per entrare nella dimensione sciamanica, o magica, o quinta come vogliate chiamarla. La ghiandola pineale è una ghiandolina a forma di minuscola coppa, posta alla base del nostro cervello. La sua funzione è, tra le altre, quella di produrre la melatonina, un ormone prodigioso che rafforza il nostro sistema immunitario e aumenta la produzione di energia fisica. La melatonina è una potente sostanza antiossidante che si traduce in un effetto antinvecchiamento sul corpo fisico e aiuta a sviluppare le facoltà paranormali della nostra mente. In moltissimi quadri di contenuto alchemico vi è un personaggio che indica la propria tempia con una mano e la tempia di un teschio con l’altra mano. Il significato occulto di questa immagine è che la coscienza di possedere un canale per l’ingresso nell’Unità proprio dentro il cranio – ossia la ghiandola pineale – può essere sostenuta con la meditazione e il massaggio per un ulteriore aiuto al risveglio di memorie. Questo è ciò che le teste Moai e Olmeche mi hanno comunicato. Non è la verità “assoluta”… ma è la MIA verità.

Perché fare offerte alla natura, ai siti sacri, ai luoghi di potere? Gli antichi pellegrini, che viaggiavano settimane e a volte mesi e anni per raggiungere i siti sacri, segnalavano con piccole offerte il loro passaggio e il loro arrivo. Questo non succedeva solamente nei siti sacri e in tempi remoti, ma succede ancora oggi in luoghi particolarmente carichi di energia, dove si sente forte la connessione col divino e con la sacralità della Vita, anche in mezzo al nulla come nel territorio interno dell’Islanda, completamente coperto di lava, o sull’Himalaya o sulle Ande. Mi è capitato spesso di veder segnalato il passaggio o la sosta di pellegrini tramite una piccola torre di pietre impilate una sull’altra, come nella foto. E’ un’usanza che avevano gli antichi Celti ma che ho trovato anche in Nepal e in Tibet e addirittura nel piccolo fiume Margorabbia vicino a casa mia. Quando si arriva in un luogo che emana magia e sacralità è bello lasciare un “segno” del proprio passaggio e del proprio senso di appartenenza, come accendere una candelina in una chiesa lungo la via.

Il contatto fisico con le antiche rocce, che siano monoliti eretti dalla mano dell’uomo o rocce naturali, porta sempre a un’attitudine di meditazione e preghiera. Le rocce sono gli esseri viventi più antichi di questo nostro pianeta. Come l’acqua, hanno memorie plurimillenarie che conservano la storia della manifestazione e dell’evoluzione della Vita in questa dimensione. Quante volte appoggiando mani e fronte, o piedi, o quando era possibile completamente sdraiata, ho ricevuto “messaggi” dalle pietre. Ho cominciato a vedere, come in un film, un’altra “realtà” sovrapporsi a quella ordinaria. E attraverso quel “film” mi sono stati rivelati così tanti segreti archeologici, storici, antropologici, cosmici, biologici, che non sono bastati 4 libri e dozzine di articoli per descriverli (tutti scaricabili gratuitamente da questo sito). Naturalmente quelle erano le mie verità, indimostrabili “scientificamente”, ma perfettamente logiche secondo il mio modo di vedere. Del resto, se “tutto è relativo”, la realtà non esiste in modo assoluto ma dipende sempre da chi la sta osservando. E questo è un teorema fondamentale nella via sciamanica. Tutte le informazioni che ho ricevuto dalle antiche pietre nei momenti di meditazione e preghiera mi risultavano perfettamente comprensibili, molto più dei dati accademici che mi venivano rifilati dalla guida di turno, umana o cartacea che fosse. Ma al di là delle rivelazioni archeologiche e storiche, meditare a ridosso di un monolito, collegandosi ad esso in profondità attraverso alcune parti del corpo, è una forma di preghiera silenziosa alla stabilità, all’eternità, alla memoria, alla volontà e alla tenacia. Questa è la “medicina” della pietra. Quando vi sentite confuse o sballottate dal destino, uscite a cercare una pietra. Ponetevi a contatto con la sua superficie, chiedetele aiuto, lasciate che la sua energia vi pervada. Questo il suo messaggio: nulla è eterno ma in realtà tutto lo è poiché tutto, noi compresi, è composto di energia e l’energia non muore mai.

La stabilità, questa ancora di salvezza che tanto si cerca con la meditazione, è la medicina della pietra, come ben avevano presente i maestri giapponesi creatori dei meravigliosi giardini zen. Per questo i più antichi e maestosi templi della terra sono fatti di enormi monoliti. La pietra non si sposta. Resiste alle catastrofi naturali e alle guerre. E conserva il suo messaggio. Il senso profondo dei giardini zen, dove vengono usate pietre per rappresentare la natura – sabbia e ghiaia per l’acqua o per le nuvole, piccoli sassi per le colline, grandi sassi per le montagne – è quello di suggerire la stabilità. L’acqua e la natura ricreate con la pietra, il movimento reso statico, il ritorno dell’eterno divenire al nucleo primigenio della creazione, la vita prima del big bang. Vi sono molte teorie su cosa rappresentassero i templi megalitici che i nostri antenati crearono utilizzando massi grandi come autobus. Che fossero sepolture o corrispondenti terrestri di stelle, osservatori astronomici o marcatori di ley lines, o tutte queste cose insieme. La mia teoria è che fossero luoghi di iniziazione, ma non lo posso dimostrare “scientificamente” in nessun modo: ho approfondito l’argomento nella  “quadrilogia dell’immortalità” e in vari articoli sul mio sito. E’ indubbio che il risultato finale sia stato quello di realizzare dei luoghi di culto sopravvissuti a terremoti e inondazioni e dove ancora oggi ci si può raccogliere in meditazione e preghiera e ricevere risposte alle proprie domande. Nelle rocce ci sono minerali e metalli direttamente connessi ai pianeti e alle stelle (sono i metalli, che veicolano sulla terra le energie archetipiche planetarie). Creando un contatto fisico con la pietra possiamo anche risvegliare dentro di noi la memoria dell’archetipo corrispondente ai metalli in essa contenuti. Non occorre essere geologi, basta chiedere e aprirsi e la memoria fluirà in noi come un fiume. Ma perché parlare di meditazione e preghiera in un cammino sciamanico? Beh, perché la connessione col divino si ottiene meditando e pregando in tutte le culture. In particolare, il silenzio e l’attenzione ai pensieri esercitata quando si medita e si prega (e non intendo le preghiere di qualche religione, ma le parole e i pensieri che sgorgano spontanei dal cuore) sono la via obbligata per ricevere informazioni. La parte “passiva” dello sciamanismo, nel senso di ricettiva, viene praticata stando ferme e in silenzio, calmando il dialogo interiore. Le due fasi sono ugualmente importanti esattamente come quelle del respiro: espiro = offerta, inspiro = meditazione. Ci devono essere entrambe per vivere. Mentre ero in stato meditativo con la schiena appoggiata a una high cross in Irlanda, la croce mi ha “rivelato” il significato reale della sua forma. E’ la riproduzione verticale  dei passage mound i passaggi nei tumuli (si veda sul questo sito, nella sezione ARTICOLI, l’artico lo in tre parti PASSAGE MOUND IN IRLANDA: MISTERO SVELATO).

ascolta la versione audioletta per me da Stea qua

Estratto da “Manuale della sciamana moderna”, di Devana (Età dell’acquario 2015)

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La sciamana moderna – part5

Gli elementi terra e fuoco e le loro cerimonie

Vi sono alcuni luoghi, particolarmente selvaggi, dove la voce della Madre si sente chiara e forte poiché non ci sono altre distrazioni. Viaggiando ho imparato a fare con poco: riesco a stare via un mese con un solo cambio di abiti, facendo il bucato negli ostelli. Mangio spesso solo frutta o al massimo un pezzo di pane e formaggio. Ho sviluppato il senso dell’adattabilità. E in momenti di “crisi”, dove ci sono spese da tagliare, questo talento del saper fare a meno di quasi tutto, nutrendo la parte spirituale anziché quella materiale, è un alleato prezioso. La terra ci insegna in ogni momento come creare bellezza con niente.

Ho già accennato all’isola Skellig Michael, a largo della costa sudoccidentale irlandese. E’ la prima di un importantissimo allineamento dedicato a Lugh, poi divenuto l’arcangelo Michele della tradizione cristiana. L’allineamento attraversa poi il St. Michael’s Mount in Cornovaglia, il Mont Saint-Michel in Normandia e la Sacra di San Michele in Val Susa, Piemonte. In quest’isola sperduta, rocciosa, battuta dai venti, quasi uno scoglio invivibile a strapiombo sull’oceano, si ritirarono 1.500 anni fa alcuni monaci fondando un monastero. Arrivare in cima per vedere ciò che rimane delle capanne di sassi in cui vissero, richiede buone gambe. Là il dono si riceve durante la salita: ogni piccolo buco nella terra è una tana/nido di pulcinella di mare. Questi strani uccelli metà rapaci e metà pinguini vivono in tane nella terra come roditori. Salire in silenzio, fraternizzare con la natura ovunque si vada e lasciare che in ogni momento la Dea ci offra la sua medicina attraverso piante, animali, Spiriti ed elementi, fa parte dell’attitudine sciamanica di vita. E’ bene avere sempre con sé qualcosa da offrire alla terra, un po’ di tabacco, di sale o di grano, per ringraziarla, onorare la sua bellezza e celebrare la propria piccola cerimonia anche durante una semplice passeggiata nel bosco.

I nostri antenati creavano piccole colline artificiali, detti mound o tumuli, che venivano piantumate per segnalarle e rappresentavano il ventre gravido della Dea. In quei luoghi le comunità pagane andavano a pregare e a connettersi con uno dei due grandi momenti iniziatici della vita: la nascita. Se ne trovano anche in Italia, non così perfettamente tonde come quelli inglesi ma terrazzate come piramidi a gradoni: il senso non cambia. Trovare uno di questi tumuli, salirci e collegarsi con la Terra è assolutamente consigliabile. La sensazione di connessione con l’elemento terra dalla cima di una collinetta piantumata è completamente differente da quello che si sente stando in un campo o in montagna. La rotondità e il fatto che, spesso, all’interno siano cave, le trasforma in veri e propri ventri pulsanti di vita. Quando poi ci sono aperture e tunnel orientati alla levata eliaca nei solstizi o equinozi, il raggio solare che penetra per pochi minuti diritto al centro della collina ricrea per analogia il momento in cui il seme del  maschio cosmico feconda il grembo della Grande Madre. In quel momento si sperimenta la perfetta unione del Maschio e della Femmina in noi.

Nel giardino della mia casetta in Valganna ho creato un piccolo orto circolare con un altare al centro composto da tre pietre – un quarzo, una pietra rossa locale e una pietra rotonda lavica proveniente da Vulcano. Mentre zappavo e dissodavo la terra pulendola dai sassi, pensavo di aiutare la Madre a spurgare un ascesso. Poi ho rivoltato la terra con la vanga e offerto tabacco sia per chiedere scusa alla terra poiché la stavo ferendo, sia  per ringraziarla in anticipo per i doni che sarebbero venuti. Infine, prima di seminare, ho cantato col tamburo e il bastone della pioggia per chiedere il permesso agli Spiriti del luogo. Le tribù native di tutto il mondo, che vivono secondo una modalità sciamanica, lo fanno regolarmente. Offrono alla terra prima di prendere, chiedono il permesso, ringraziano. Fare questo ci abitua ad essere sintonizzati con la Dea e ci consente di trasformare in una potente cerimonia sciamanica una cosa altrimenti così “ordinaria” come seminare l’orto.

Salire sulla cima di un vulcano, che sia attivo o meno, è sempre un ‘esperienza mistica. Per i nostri antenati e per molte culture native il vulcano rappresenta l’ingresso agli inframundi, ovvero alle dimensioni parallele. In effetti il vulcano è un tunnel che ci connette direttamente ai messaggi del cuore della Terra. In Italia si può abbastanza agevolmente arrivare in cima al vulcano dell’omonima isola delle Eolie. Si tratta di una salita di circa un’ora e mezza, due se si sale lentamente per ammirare il paesaggio. Raccomando questo vulcano poiché si può salire alla bocca principale senza guida e non è pericoloso. Mentre  sull’Etna e sullo Stromboli non si può arrivare vicino alla bocca centrale senza guida. Sull’Etna però, lungo il cammino a piedi dall’arrivo della funivia verso la cima, è possibile fermarsi in vicinanza di qualche “fumarola”, un punto di emissione di fumi, per celebrare la propria cerimonia. Sul vulcano dell’isola di Vulcano la mia cerimonia è stata quella di girare in senso antiorario lungo il bordo della bocca principale, connettendomi con l’interno e gettando nella grande bocca un’offerta al fuoco di piccoli fiori, grani di sale e di incenso e bucce di arancia che avevo portato con me.

L’Islanda è una terra ricca di vulcani, come il Giappone e il Chile. Ma lo Snaefells – dal quale parte il “Viaggio al centro della terra” di Jules Verne – è considerato sacro dagli abitanti dell’isola, poiché la convinzione che sia un portale per altre dimensioni o per la Terra Cava è molto radicata. Infatti alle sue pendici vi è un luogo di culto in mezzo a due enormi monoliti basaltici espulsi durante un’eruzione, che si ergono come due colonne in riva al mare. In quel luogo ho visto donne vestite di bianco che portavano in processione canestri di fiori. Lo Snaefells è chiuso con un tappo di terra e neve, ma sottoterra il lavorio del fuoco non si ferma. Dalla sua cima si percepisce sotto i piedi la vibrazione della Madre ed è possibile collegarsi alle sue vene e sentire la sua voce se ci si mette in ascolto, in attitudine meditativa.

Il Monte Amiata, in Toscana, era considerato montagna sacra già dagli Etruschi. Il suo nome era Tuniatus ed era un vulcano. Tutta la montagna è un’unica grande area cerimoniale, poiché ospita acqua calda, megaliti, i 3 minerali alchemici – solfo sale e mercurio – e sorgenti di acqua fredda di incredibile potere nella faggeta. Il versante senese ne è particolarmente ricco. Nella grande faggeta sopra Abbadia San salvatore vi sono angoli carichi di mistero – come i portali megalitici detti la Pietra Porta e il Sasso Porta (si veda il mio articolo su questo stesso sito) – e rocce intorno alle quali gli alberi sorgono a corona, come nicchie di una cattedrale. Camminando in silenzio nella maestosa faggeta di Abbadia e mettendo i piedi nelle piccole sorgenti di acqua fredda, la connessione con gli alberi, gli Spirito del bosco e tutto ciò che vive sulla montagna, è fortissima e immediata. Impossibile non sentire istintivamente il bisogno di offrire tabacco, cantare, pregare e ringraziare per tanta bellezza. La potenza dei vulcani e dei deserti, cioè di aree naturali estreme risveglia nelle nostre cellule il ricordo della nostra stessa potenza. La consapevolezza che siamo composti di pura energia alla quale i nostri pensieri e le nostre credenze danno una forma. Se la permanenza in luoghi bucolici ci porta ad un’attitudine di dolcezza e pace interiore, quella in luoghi estremi stimola il coraggio, la creatività e l’indomabilità. Vi sono molte cerimonie di fuoco tra le popolazioni native : le camminate sui carboni ardenti, le capanne sudatorie, i fuochi rituali dove si brucia il vecchio per dare il benvenuto al nuovo e molte altre. Ma se volete provare a fare da sole preparate una piccola borsa di tessuto (assolutamente non plastica o materiale inquinante) contenente immagini di ciò che volete purificare – foto, piccoli oggetti, foglietti con l’intento – insieme a erbe profumate o grani di incenso e piccoli fiori. Salite in cima a un vulcano – io l’ho fatto sull’Etna – e sedetevi in meditazione vicino a una “fumarola”. Collegatevi al cuore della Madre e quando vi sentite pronte lasciate cadere nella fumarola la vostra borsina, chiedendo al Fuoco della Madre di trasmutare il vostro fardello in nuova energia vitale.

Per chi non può muoversi da casa è possibile creare la propria cerimonia usando un piccolo barbecue (che venga utilizzato solo a scopo cerimoniale e non anche gastronomico) e fare un piccolo fuoco protetto, in giardino, bruciando le cose vecchie e le offerte, in questo caso senza corsettina di stoffa poiché il fuoco sarebbe troppo piccolo per consumarla. Prima che il piccolo fuoco sia spento nel vostro barbecue spirituale, gettatevi sopra i vostri foglietti o le cose di cui volete liberare la vostra vita (raccomando sempre cose piccole) e quando poi rimangono solo le braci vive spargete loro sopra le vostre erbe profumate e offritele agli Spiriti. Mi raccomando non fatelo se c’è vento e rischio di appiccare fuoco coi lapilli. Le cerimonie di offerta al fuoco sono tra le più antiche che l’essere umano abbia celebrato. Non vi è cultura nativa, storica o preistorica, che non benedica i suoi riti e le sue preghiere con un fuoco sul quale vengono gettate offerte che, bruciando, vengono inviate agli Spiriti. Le fumigazioni si effettuano gettando incensi o erbe profumate direttamente sulle braci: le preferite sono la salvia e la lavanda utilizzate per purificare le aree cerimoniali tanto all’aperto quanto al chiuso. Poi ci sono le offerte al fuoco vere e proprie, dove su un piccolo falò (nel mio caso, poiché ci trovavamo in area protetta, il fuoco era stato acceso dentro nel mio “barbecue cerimoniale” per evitare incendi), posto al centro del cerchio sacro, ognuna getta piccolissime quantità di tabacco naturale, riso, grano, sale, zucchero, scagliette di cioccolato, erbe e fiori essiccati, gocce di acqua vibrazionale e piccolissime quantità di latte, birra o vino. Il fuoco consuma tutto e offre agli Spiriti il corrispondente eterico delle sostanze bruciate.

Anche il deserto di sabbia e roccia ha la sua medicina. Aiuta a distaccare la mente dalle forme, dagli oggetti, dai rumori. Da sempre gli anacoreti cercano il deserto per digiunare, meditare e ridurre al silenzio il “dialogo interiore”, quella voce che continua a parlare nella nostra testa come un disco inceppato. Il vento nel deserto è una musica balsamica per l’anima. A volte non serve arrivare fino al deserto. La nostra terra è ricca di spiagge ampie e solitarie, dove sedersi fuori stagione, dando le spalle al mare, e semplicemente ascoltare il vento affondando le mani nella sabbia. Oppure sdraiate concentrandosi completamente su ciò che in quel momento sostiene il nostro corpo, sabbia o roccia che sia. La sabbia è millenaria e proviene dalla frantumazione di rocce che hanno condiviso il trascorrere degli eoni portando fino a noi il messaggio dell’eternità.

Un grande regalo del deserto sono le pietre cariche del senso di eternità e del calore del fuoco interno della terra. Nel deserto tebano ho preso diverse pietre, alcune erano perfette semisfere risultato del raffreddamento repentino di bolle di magma centinaia di migliaia d’anni fa. Quelle pietre, così calde e vive, possono essere utilizzate sul corpo per portare calore nei punti dolenti o sul plesso solare quando si è “scarichi” emotivamente. La terra ci dona meravigliose pietre “preziose” usate in gioielleria, ma anche altrettanto belle e potenti pietre semplici, “plebee”, dotate nondimeno di medicina e memoria. Abituatevi ad osservare le pietre e a raccogliere quelle che vi “chiamano” per usarle nella vita domestica. Ricordate sempre di ringraziare la terra, per ogni pietra o foglia o ghianda che raccogliete, offrendo in cambio una presa di tabacco o di sale se l’avete con voi o anche un po’ d’acqua o un canto o una preghiera.

Gli alberi sono esseri meravigliosi. Alcuni di loro sono Maestri, altri Guardiani. Comunicare con un albero è sempre possibile se si apre il cuore alle percezioni sottili e si spegne la mente. Ascoltare la voce dell’albero zittisce il dialogo interiore che ammorba i nostri neuroni e ci fa comportare come topi sulla ruota. Nella grande famiglia degli alberi ve ne sono alcuni i quali emanano una tale maestà e conoscenza che è impossibile passare loro accanto senza fermarsi ad onorarli e ad ascoltarli. Può sembrare strana l’idea di ascoltare un albero. Eppure provate. Quando camminate nel bosco lasciatevi attrarre da un maestro o da un guardiano. Lo noterete sicuramente se avete il cuore aperto, poiché sarà lui stesso a chiamarvi. Quando lo avrete identificato avvicinatevi e appoggiate le mani sulla corteccia. Presentatevi, ringraziatelo per la sua forza e bellezza. Poi depositate le vostre offerte tra le radici: quantità minime, biodegradabili e senza contenitori.

Le offerte alla terra venivano fatte dai nostri antenati ad ogni semina o raccolto. Era loro abitudine scavare piccole buche e gettarvi latte, grano, miele, per ringraziare la terra dei suoi doni. Dovremmo recuperare questa piccola cerimonia da celebrare ogni volta che chiediamo qualcosa o che raccogliamo qualcosa dalla terra. Le popolazioni native ancora hanno l’abitudine di offrire un po’ di cibo e di bevanda alla terra prima di mangiare, o un po’ di tabacco o foglie di coca all’acqua prima di attraversarla con la barca. Fare le offerte ci mette in una attitudine di connessione, di rispetto, di umiltà e di gratitudine. Il cuore si apre, la creazione entra in noi e sveglia le nostre memorie. Ci connettiamo col divino. Ma le offerte alla terra si fanno anche mentre si cammina semplicemente nel bosco. Io porto sempre con me la mia borsettina di erbe officinali essiccate e quando nel bosco c’è un luogo che mi chiama e dove desidero fermarmi un po’ a pregare la Dea, ne offro un pizzico per dire: Madre, qui è la tua Figlia, che ti riconosce, ti onora e ti ama. Ascoltami Madre, sentimi.

Vi sono anche luoghi dove gli elementi si mescolano, come la scogliera e le falesie di Étretat, in Normandia, dove l’oceano si unisce alle rocce scavando dei veri e propri portali. In quei luoghi si uniscono le forze di tutti gli elementi: acqua e roccia ma anche vento e sole. E proprio in una nicchia scavata nella roccia in quel luogo poderoso mi sono fermata a fare la mia offerta. Con la pratica, fare offerte diventa spontaneo, come salutare e stringere la mano a chi ci sta di fronte. La via sciamanica, sacra, spirituale, si cammina proprio trasformando in cerimonia e momento di consapevolezza ogni azione anche banale della nostra vita. Le offerte aprono il cuore alla gratitudine, sono un modo per onorare la bellezza della Madre e per dimostrarle che le siamo grate di condividerla. E questo mantiene costantemente alta la nostra vibrazione.

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Estratto da “Manuale della sciamana moderna”, di Devana (Età dell’acquario 2015)

continua

La sciamana moderna – part6

Gli elementi suono e silenzio e le loro cerimonie

Il canto e il suono sono fondamentali nel risveglio delle memorie. Un canto e un suono sacro, ossia creato con intento sacro, di connessione e preghiera, “informano” l’80% di acqua di cui siamo composti. Sappiamo che le molecole d’acqua assorbono la vibrazione emessa dai suoni e dalle forme. Le straordinarie fotografie dello scienziato nipponico Masaru Emoto ci hanno dimostrato senza ombra di dubbio ciò che, già dagli anni ’70, il bioarchitetto italiano Gigi capriolo e il suo staff avevano teorizzato e cioè che l’acqua trattiene le vibrazioni con cui viene in contatto (uno dei miei primi libri, all’inizio degli anni ’80, fu proprio “L’energia segreta dell’acqua” scritto con G.Capriolo). I miracoli dell’acqua sacra, quindi, nascono in realtà da un “semplice” cambio di informazione nelle molecole d’acqua che riempiono le nostre cellule. La vecchia informazione di ignoranza e malattia viene, dal suono, cambiata in una nuova informazione che – a patto che il suono sia puro e sacro – ingloba un messaggio di salute e bellezza.

Ricordare che siamo composti di acqua e che l’acqua viene informata da OGNI tipo di vibrazione – compresi i pensieri e le parole che emettiamo e che ascoltiamo – ci aiuta a discernere con che ambiente vogliamo essere in contatto. Un ambiente di pensieri e parole inquinanti o di suoni distonici provocherà necessariamente un flusso di informazioni negative e limitanti nelle nostre cellule. Il corpo e l’anima si appesantiranno fino ad ammalarsi. Cercate di stare lontani da ambienti di energia pesante. Prendete l’abitudine di purificarvi con docce di acqua pulita, fumigazioni di incenso o palosanto (cedro del libano) e bagni caldi o pediluvi con oli essenziali quando tornate a casa. Camminate  spesso in silenzio nella natura e ascoltate musica positiva. Cantate alla Madre Terra con cuore aperto e grato. Questo vi aiuterà a mantenere uno stato di salute ottimale a tutti i livelli. Il canto sgorga spontaneo dal profondo del cuore quando si è in uno stato di comunione con la natura.

Quando siete in presenza di acque sorgive, in pozzi, fiumi, laghetti o di fronte al mare, cantate la vostra gratitudine e il vostro amore all’acqua. Lasciate semplicemente che dal centro del vostro essere sgorghino spontanei i suoni che creano la vostra personale preghiera e le vostre benedizioni. L’acqua sentirà, memorizzerà questi suoni così puri e li porterà con sé nel suo fluire. Cantare o pregare all’acqua è un modo per contrastare l’inquinamento, per mitigare la pesantezza degli abusi e delle violenze al pianeta, per ricordare alla Madre quanto le siamo grate in ogni momento di questo spazio-tempo che chiamiamo vita terrena. Sedete coi piedi nell’acqua o di fronte ad essa e lasciate le parole sgorgare senza controllarle. Vedrete con l’occhio interiore un dolce flusso di amorevole energia arancione-rosa salire dall’acqua informata dal vostro amore e propagarsi a fontana.

Personalmente approfitto di ogni occasione per collegarmi con l’acqua, per me il più magico e importante. Quando sono di fronte all’acqua io canto. Se ho il tamburo o la campana tibetana o la maraca mi accompagno, altrimenti anche solo battendo le mani o ascoltando il mio respiro assimilarsi al vento, lascio fluire dalla bocca l’enorme fiume di gratitudine, emozione e commozione che scaturisce dal mio essere, consapevole di come io stessa, coi miei pensieri positivi, posso influenzare l’acqua del pianeta. Per questo apro ogni cerimonia e cerchio di condivisione con un semplice canto. E’ un modo delizioso, facile, naturale e sacro di cominciare il momento della connessione al divino. Non occorre essere cantanti provette, basta la purezza dell’intenzione, la leggerezza del cuore e il desiderio di donare alla Madre la propria preghiera in un linguaggio universale, che si può comprendere ai quattro angoli del creato senza bisogno di traduzione.

Il canto e la danza sono espressioni naturali che tutti noi abbiamo per istinto. Sono il sistema più immediato che l’essere vivente ha di contattare la divinità. Anche gli animali danzano e cantano nei momenti importanti della loro vita. Ma a noi queste facoltà sono state bloccate. Ci sono stati consegnati dei modelli, dei canoni, degli stereotipi che decidono chi può cantare, chi può danzare e chi no. E il canto e la danza sono diventati il business dello star system. Dove solo pochi cantano e la grande massa ascolta, guarda e copia. Questo è un sistema limitante e perverso che priva tutti noi del gran piacere e dell’estasi che scaturisce dal danzare e cantare nei momenti in cui vogliamo comunicare con la divinità o con la parte più sottile e pura di noi stessi. Il suono e il movimento non hanno bisogno di traduzioni. Sono un linguaggio universale come ogni forma d’arte. E ogni essere umano ne è dotato in quel 95% di cervello che ha smesso di usare perché qualcuno gli ha detto che “non ha talento”.

Quando siedo in cerchio con le mie sorelle (e fratelli) spirituali, una di noi suggerisce una melodia, poche note. E subito le altre seguono, per istinto. Chi ha con sé uno strumento lo suona. E ciò che ne esce è un canto alla Dea, gioioso o accorato a seconda dell’intenzione, ma sempre spontaneo e perfettamente intonato. Con il canto e il suono nella natura pregavano i nostri antenati: i primi strumenti musicali furono ricavati dalle ossa degli animali. Quando vi trovate in un luogo della natura che cattura il vostro cuore sedete e cantate, offrite il canto alla Dea. Poggiate le vostre mani su un albero che vi chiama, o su una roccia, mettete i piedi nell’acqua, sedetevi sulla spiaggia vicine alle onde, osservate la montagna, ascoltate lo scorrere del fiume e cantate ciò che il vostro cuore prova. Date voce a ciò che la natura vi suggerisce. Date voce al canto della natura per collegarvi a lei e onorarla e ringraziarla. La preghiera – intesa come connessione al divino – diviene immediata attraverso il suono (ossia senza intermediari). Oh quante volte ho sentito dire: “sono stonata” a chi invece ha una bella voce, perché qualcuno glielo ha detto da piccola.

Nel tempo che ho passato con i Mapuche, popolo nativo chileno della regione araucana, mi è stato spiegato che il tamburo, che loro chiamano cultrun, è lo strumento che suonano le donne. Mentre gli uomini suonano una specie di tromba arrotolata che si chiama trutruca. Questo perché il tamburo, con la sua rotondità, rappresenta la forma tipicamente femminile: il ventre gravido. Oggi chiunque può procurarsi un tamburo. Ma nelle culture native possedere e suonare il tamburo è qualcosa di ben specifico, con un significato e una valenza profondi che nulla hanno a che vedere con la festa o il divertimento. Il tamburo è la voce stessa della terra e quando la machi, la sciamana suona il tamburo di fronte a chi sta male, lo fa per dare una voce al dolore cosicché esso possa uscire dal corpo dell’ammalato. Suonare il tamburo per terapia o per cerimonia (ma le due cose dovrebbero essere unite), significa avere ben chiaro il potere del tamburo ed essere pronte e degne dell’onore di suonarlo.

Ho avuto il mio primo tamburo dopo 5 anni di pratiche iniziatiche. Costruito da un fratello del cerchio che frequentavo per sudare ritualmente nella capanna del sudore. Ma per anni non l’ho suonato. Mi limitavo a guardarlo. Non mi sentivo pronta. Poi un giorno sono andata nel bosco, da sola. Mi sono seduta su una roccia e invocando gli Spiriti del luogo ho cominciato a suonare. Il battito del tamburo rimbombava tra i rami ed io mi sentivo come in una cattedrale. Da allora il tamburo mi accompagna sempre in ogni cerimonia. Suonare il tamburo mi aiuta ad entrare immediatamente nel nagual, nell’energia magica e mistica necessaria per cambiare livello di coscienza e operare nel sacro. Come quando con 43 sorelle abbiamo fondato il Cerchio Planetario delle Donne di Conoscenza, suonando il tamburo e danzando spontaneamente, richiamando e risvegliando la memoria della Sacra Femminità, belle, libere, selvagge e potenti.

Il suono sacro crea movimento tra le stringhe di energia di cui è composto l’esistente. Il suono mette in moto la vibrazione che diventa “manifestazione”, ovvero la realtà che percepiamo coi sensi. Mi è capitato a volte di cantare in cerchi dove erano presenti bimbi piccoli o neonati, ancora non “contaminati” da pensieri limitanti e da giudizi preconfezionati. Bene, quei bimbi stavano ad ascoltare estasiati (non perché io sia una grande cantante, ma perché i suoni prodotti dalla mia voce in quel momento erano suoni sacri, che stavano veicolando messaggi di vita e di speranza) e, una volta finito il canto, cercavano di riprodurlo. Quante mamme ricorderanno a questo punto di aver cantato per i loro bambini quando avevano paura o erano malati. Il canto della mamma è terapeutico. Ma anche il nostro canto lo è per la Madre Terra.

Amo andare nella natura e fermarmi vicina all’acqua e cantare. Se ho il tamburo e se sono in compagnia di una sorella spirituale diventa ancora più bello ed emozionante. Cantiamo nella natura per alzare la nostra vibrazione. Per ricordare alla Madre che la amiamo, la ringraziamo, la onoriamo. Per guarire noi stessi riconnettendoci con l’energia della creazione. Per offrire il nostro amore agli Spiriti del luogo e delle direzioni e chiedere la loro benedizione. Per esprimere in modo semplice, diretto e autentico ciò che abbiamo nel cuore. Il canto non deve essere “bello” e non occorre sapere una canzone. E’ sufficiente ascoltare la voce della natura intorno e cominciare ad emettere dei suoni con cuore sincero. I suoni della nostra preghiera. Molte persone usano cantare un mantra, perché si sentono più a loro agio se ci sono parole. Ma non è necessario poiché è il suono quello che conta.

Per molti anni ho “parlato” in pubblico dei temi che stavo studiando e pubblicando nei miei libri. Poi un giorno ho scoperto che cantare rendeva più facile e immediato il trasferimento di informazioni. Comunicavo attraverso il canto ciò che volevo trasmettere e il tutto risultava più facile, veloce e comprensibile, perché si evitava il passaggio mentale. Il potere del suono può essere usato anche per informare l’acqua e trasformarla in “medicina” (nel senso sciamanico del termine, ovvero “conoscenza”). Quando si vuole guarire da qualcosa, che sia fisico, emozionale o spirituale, o quando si ha bisogno di un chiarimento o di un aiuto, si prenda una ciotola di acqua del rubinetto e si parli nella ciotola ad alta voce immaginando di immettere nell’acqua il messaggio di salute o la richiesta di chiarimento. Poi si bevano tre sorsi dell’acqua così informata lasciando che il messaggio trasferito dalla nostra coscienza all’acqua, si propaghi nelle cellule e risvegli le memorie di guarigione, salute e le risposte già contenute in esse.

Il momento del canto, del suono, dell’emissione di onde sonore, è un momento sacro che deve essere ricercato e affrontato in centratura e in grande consapevolezza. Ogni forma pensiero diviene creatrice attraverso il suono ed è per questo che i pensieri, quando si canta o si suona, devono essere positivi e potenzianti. Con questo sistema contribuiremo ad innalzare l’energia del pianeta e ci asterremo dal nutrire il dilagante panorama di desolazione e dolore dovuto alla grande massa di pensieri e parole negative che ogni giorno escono a migliaia da bocche inconsapevoli. Inoltre innalzeremo la vibrazione della nostra stessa esistenza trasferendoci, un po’ alla volta, nella dimensione magica (la quinta dimensione), per periodi di tempo sempre più lunghi, verso la stabilità totale. Cantare e suonare in modo sacro è un canale efficacissimo per cambiare la qualità della nostra vita. Cantate anche mentre cuocete il pane, mentre fate il bucato, mentre andate al lavoro. Siate grate alla Vita ed esprimete la vostra gratitudine con un canto.

Anche il silenzio è un suono, e si può collegare alla contemplazione. Non si tratta del silenzio della bocca, ma di quello della mente. La contemplazione è una meditazione a occhi aperti. Quando ci troviamo in luoghi di grande energia e bellezza anche solo l’osservare ci porta in uno stato di calma e ricettività. I pensieri si placano, le onde cerebrali rallentano come pure il respiro. Spesso in natura si trovano “portali”: due colonne di roccia in mezzo al mare o nel bosco, dalle quali si può accedere alle altre dimensioni e agli universi paralleli. Ovviamente, il trasferimento non avviene in senso fisico ma solamente con la visione, poiché il corpo rimane seduto. Ma la percezione viene spostata su altri piani e le intuizioni cominciano ad arrivare velocissime. Risposte, chiarimenti, ricordi, visioni. Lo stato contemplativo offre questa possibilità poiché è un’attitudine che ci consente di svuotarci completamente dal nostro sistema di credenze e di zittire il dialogo interiore.

Il mare è un luogo privilegiato per scendere nelle profondità di noi stesse. E’ lo stesso ritmico suono delle onde che ci conduce al rilassamento dei pensieri, del respiro e dei muscoli. Permettete al suono dell’acqua di “sciacquarvi” l’anima e di condurvi al centro del vostro essere. E quando avrete perso la sensazione del corpo, del suo peso, della sua fatica, lasciate libero lo spirito. Permettete all’anima di volare leggera e di ossigenarsi. E contemporaneamente restate in ascolto in silenzio. Osservare le meraviglie della natura alza la nostra vibrazione. E se alla semplice osservazione aggiungiamo la gratitudine, l’amore per il Creato e la commozione, la vibrazione diventa altissima e succede che un breve periodo trascorso osservando il mare dall’alto di una scogliera porti più ricchezze di mesi di studio e pratica al chiuso. Dove gli elementi si incontrano, lì c’è la Dea e lì troviamo conforto nutrimento e riposo. Questa è la preghiera della sciamana.

Naturalmente ci sono luoghi preposti alla meditazione e alla contemplazione. Il Giappone ne è ricchissimo. I templi giapponesi sono luoghi di tale bellezza che non si vorrebbe mai più lasciarli. Pur avendo io un approccio molto concreto e attivo alla via sciamanica, la contemplazione dei giardini del tè a Kyoto mi privava di ogni volontà di azione. Restavo ore immobile a guardare, riempiendomi di quella leggiadra bellezza, lasciando che il mio corpo riposasse, come un gigante stanco, mentre io “punto di luce” mi beavo della visione di una natura perfetta. Però non occorre andare fino in Giappone. Create nel giardino di casa vostra, o nel salotto con l’aiuto di piante in vaso, ciotole e una fontanella a riciclo, un angolo di perfezione dove al verde si mescolino pietre, sabbia, oggetti sacri. Compratevi un manuale o consultate un sito internet per crearvi il vostro giardino del tè e sperimentate la contemplazione. Nutrite la vostra anima. Infine un altare è il più “ovvio” luogo di contemplazione che si possa immaginare.

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Estratto da “Manuale della sciamana moderna”, di Devana (Età dell’acquario 2015)

FINE

La vera storia di Hansel e Gretel

Conobbi la vera storia della strega di Hansel e Gretel quando mi fu prestato “casualmente” il libro “Fiabe del sottosuolo” di Giuseppe Sermonti (Rusconi ed. 1989). Lo lessi tutto d’un fiato e rimasi senza parole quando arrivai all’ultimo capitolo di cui vi propongo un estratto.

Nel disegno di Manuela Biave la mia versione della fiaba dove la strega recupera il suo vero volto di pasticcera

Katharina Schraderin era una pasticcera di 35 anni, tedesca. Nacque nel 1618 a Wernigerode. Settima figlia di un pasticcere. Divenne poi a sua volta pasticcera presso un abate e venditrice ambulante di focacce. Nel 1647 all’improvviso scomparve dal mondo e si trasferì in una casetta solitaria sull’Engelsberg per lavorare esclusivamente per l’imperatore. Chi scoprì le sue tracce fu un ricercatore contemporaneo, il professor Georg Ossegg, convinto che le fiabe avessero un fondo di verità storica. Ossegg visitò molti “boschi della strega” tedeschi finché non ne trovò uno che secondo lui era quello “giusto”: si trovava in Baviera presso il villaggio di Anschaffenburg. In quel particolare “bosco della strega”, il professore scoprì i resti di una capanna: le fondamenta di pietra di una casetta monolocale di argilla con i resti di quattro forni al suo esterno. In uno di questi rinvenne uno scheletro carbonizzato che fu riconosciuto per quello di una donna. Accanto al forno, Ossegg rinvenne una cassettina con resti di una focaccia, strumenti da pasticcere e un foglietto con la ricetta di un dolce preparato con il bicarbonato d’ammonio. Tali resti analizzati risalivano allo stesso periodo in cui visse Katharina.
Qualche anno più tardi il professore scoprì, nell’ archivio comunale di Wernigerode (luogo di nascita della donna), un foglietto scritto a mano e datato 1651, che riportava la seguente scritta: maximamente autentica et sommamente accurata descrizione de lo interrogatorio con terribilissimo suplicio della Katharina Schraderin nomata la Strega Pastizzera.
Negli atti del processo rinvenuti, Katharina era stata denunciata con l’accusa di usare i suoi dolciumi per attirare esseri umani nella sua casetta e mangiarseli. I malcapitati, secondo gli atti del processo, venivano attratti dalla capanna col tetto di marzapane e le finestre di zucchero. Poi venivano dalla “strega” imprigionati, ingrassati e in seguito cotti nei forni e mangiati. Ovviamente i giudici torturarono Katharina più e più volte per estorcerle questa confessione.
Chi la denunciò, fu un pasticcere di Norimberga che voleva la ricetta per la preparazione del bicarbonato d’ammonio. Il bicarbonato d’ammonio era stato scoperto da Katharina: rendeva i dolci leggeri e voluminosi (il bicarbonato è un lievito inorganico, ancora oggi ottimo sostituto del lievito di birra). Poiché il pasticcere aveva tentato di sposarla per raggiungere il risultato con le buone, ma era stato rifiutato, pensò bene di denunciarla come strega. Una volta tolta di mezzo, lui avrebbe potuto frugare nella di lei capanna per trovare ciò che cercava.
Ma Katharina non confessò (forse fu l’unica donna a resistere al dolore delle slogature) e dopo diversi mesi fu rimandata a casa. Fallito il tentativo di togliere di mezzo Katharina, il pasticcere ladro si recò nella sua capanna insieme alla sorella per ottenere in altro modo il suo scopo. I due assalirono e uccisero la povera pasticcera e poi la buttarono nel forno per sbarazzarsi del corpo. I loro nomi? Hans Mettler il fratello, 37 anni, e Greta la sorella, 34.
I fratelli Grimm qualche centinaio d’anni più tardi giravano le campagne tedesche in cerca di materiale per le loro fiabe. Scrisse Jacob Grimm al fratello: Questa storia dei due fratelli mi pare troppo violenta per trovar posto nella nostra raccolta. Che fare? Se solo la giovane strega fosse una brutta vecchia con la gobba, su cui magari stesse appollaiato un corvo o un gatto, il tutto potrebbe sortire un effetto altamente istruttivo ed edificante.
E così nacque la fiaba che ormai avrete riconosciuto: Hänsel e Gretel. I due fratellini che si perdono nel bosco, trovano la casetta di marzapane abitata dalla strega che li imprigiona per mangiarseli e finisce bruciata nel forno ad opera della piccola Gretel. Quante volte ci è stata raccontata? Quante “malvage streghe delle fiabe” furono donne comuni finite nelle tenaglie dell’inquisizione per motivi come quelli letti sopra e nel corso di tutto il libro? Quante volte senza rendercene conto abbiamo bruciato la povera innocente Katharina e tante altre come lei?

Il disegno di Hosemann ripropone l’immagine stereotipa della strega nel forno

E soprattutto PER QUANTI ANNI CI E’ STATO FATTO IL LAVAGGIO DEL CERVELLO OGNI VOLTA CHE CI VENIVA RACCONTATA UNA FIABA?
Provate a pensare: in quasi tutte le fiabe della nostra tradizione occidentale c’è una strega o una matrigna cattiva con poteri magici.
I Grimm, compiacenti mestieranti al soldo del potere, hanno prodotto streghe malvagie in abbondanza , le quali hanno creato nella nostra mente, attraverso una capillare programmazione subliminale operata nell’infanzia, l’immagine delle vecchie cattive che cercano di uccidere i bambini per invidia, gelosia, o pura cattiveria. In questo modo le streghe sono sopravvissute continuando ad essere responsabili delle catastrofi e delle malvagità senza soluzione di continuità.
Dall’inizio dell’800 ad oggi – e chissà per quanto tempo ancora, finché queste fiabe continueranno ad essere raccontate – donne che avevano la sola colpa di essere geniali, creative e indipendenti, continuano ad essere le streghe cattive, in pieno XXI secolo, perpetrando la strage delle innocenti.
E i roghi continuano.
Così i veri colpevoli di un omicidio sono stati trasformati nei due teneri bambini persi nel bosco, mentre la innocente pasticcera vittima dei loro loschi complotti è diventata la malvagia strega che li vuole mangiare.
L’unica cosa rimasta fedele alla realtà è la donna nel forno … il rogo, ancora e ancora anche nelle fiabe, anche nei giochi.
Presi dal profondo del cuore la risoluzione di riscrivere i racconti in versione matrifocale, senza streghe né matrigne cattive. Ad oggi ho scritto “Cinerina”, “Cantaneve”, “Rosaura”, “Fiordipepe” (che sarebbe raperonzolo), “Unghiolina” e “Anselmo e Griselda”, la mia versione di Hansel e Gretel. In un secondo tempo ho riscritto la mia versione di “La regina delle nevi”, “La fata Piumetta”, “Gli undici cigni selvatici” e “I tre omini del bosco”. Tutte le fiabe sono gratuitamente scaricabili da questo stesso sito in forma di libri: I racconti del risveglio vol. I e II. Gli stupendi disegni sono di Manuela Biave, artista e sorella spirituale.

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CC Devana 2016

I racconti del risveglio per le bambine e le loro mamme

Io Devana figlia di Liliana figlia di Adele annuncio con gioia che I RACCONTI DEL RISVEGLIO PER LE BAMBINE E LE LORO MAMME sono diventati un libro. Lo potete scaricare gratuitamente da questo sito .

Questo libro è forse il mio lavoro più importante. Infatti NON E’ SOLO PER LE BAMBINE!!! Tutte le sorelle-mamme che volessero eliminare l’atavica programmazione alla sottomissione e al conflitto tra donne possono usare queste fiabe come veri e propri viaggi sciamanici di riprogrammazione, raccontandosele a vicenda in coppia o in cerchio e lasciando che il loro messaggio di risveglio della Sacra Energia Femminile operi sulla bambina interiore come nuova programmazione cellulare.
Nelle mie fiabe le protagoniste – Cinerina, Cantaneve, Rosaura, Fiordipepe, Griselda e Unghiolina – non sono le povere vittime costrette a lavorare tutto il giorno aspettando la salvezza dal principe azzurro, ma ragazzine intelligenti amate e determinate che vogliono apprendere ad essere Donne Sacre. E’ stato proprio il copione di vittime impartitoci sottoforma di fiabe a programmare noi e le nostre antenate, a livello subliminale, per centinaia di anni. Riscrivendole in versione positiva e potenziante ho eseguito una intenzionale operazione psicomagica affinché la dignità e la libertà delle donne possano essere riscattate fin dall’infanzia.
Scrive Antonella Barina nella prefazione: <… riappare la Mela dell’Alleanza trionfante sull’albero del Giardino della Dea e sparisce la mela avvelenata che la matrigna ci porge a tradimento. Nella riscrittura di Devana il fantastico frutto torna a passare intatto e salvifico di mano in mano da madre a figlia. Questa rinascita non riguarda solo la genealogia femminile: sdoganata dalla necessità di sacrificio, è tutta la sfera del naturale identificata con il femminile – l’ambiente, il pianeta e le creature che lo abitano – a rinascere a nuovo ed antico valore>.
Il libro è stato creato in modo da avere al centro i 6 meravigliosi disegni di Manuela Biave in formato originale, cosicché possano essere staccati e incorniciati per le camerette delle bambine (o in sala meditazione delle loro mamme) senza che il resto del libro ne risenta. Oltre a me e a Manuela Biave (artista diplomata all’Accademia Cignaroli di Verona) hanno prestato la loro opera gratuita Antonella Barina (poeta e drammaturga), che ha inserito il libro nella sua Edizione dell’Autrice creando addirittura una nuova collana CRONACHE DALLA TERRA ANTICA che conterrà volumi dedicati al risveglio della Divina Femminità e della cultura della Dea Madre. Insomma un lavoro in cooperazione come dovrebbe essere tra sorelle risvegliate e come sarà se tutte noi sostituiremo la nostra programmazione al conflitto con quella alla collaborazione orizzontale; e le meravigliose traduttrici Teresita Ramos per la versione spagnola; Francesca Zanolli Grandi per quella francese ; Helena Pinheiro Bastos per quella portoghese e Sigrid Rau per quella tedesca

Ho scritto anche un II volume: I RACCONTI DEL RISVEGLIO II ALICIA E PEDRO PAS IN VIAGGIO NEL NIDO DI TORDO. Dopo aver riscattato il ruolo femminile nel primo volume, ora ho fatto incontrare bambine e bambini affinché imparino a collaborare. I due protagonisti, in cui nomi riconoscerete anche se leggermente modificati, sono Alicia la ragazzina troppo adulta e Pedro Pas il ragazzino eternamente bambino. Essi hanno una missione da compiere: riportare i quattro tesori dell’antica era. Per riuscirci dovranno viaggiare insieme e scambiarsi i vestiti, unendo le forze per sopravvivere ai pericoli. Durante il viaggio impareranno a rispettarsi, a volersi bene e ad aiutarsi fino al sorprendente finale sciamanico. Le avventure dei due bambini sono la cornice nella quale ho inserito la riscrittura matrifocale di altre quattro fiabe d’infanzia – tra cui La regina delle nevi e Gli undici cigni selvatici – dalle quali ancora una volta ho eliminato le streghe e le matrigne cattive proseguendo il lavoro cominciato nel primo volume . La cooperazione tra componente femminile e maschile dell’umanità comincia da fiabe educative. Anche il II volume è scaricabile gratuitamente da questo sito.

CC Devana 2016

Immagini Manuela Biave

Biancaneve e la mela dell’alleanza

Avete mai pensato che le fiabe raccontateci da bambine/i siano state veri e propri lavaggi del cervello e programmazioni subliminali al conflitto tra donne, all’odio e alla paura per le donne anziane? Vi dimostro come. Nella nostra tradizione occidentale la maggior parte delle fiabe, sicuramente le più note e raccontate, parlano di una fanciulla la cui “vera” mamma muore giovane lasciandola sola in balia di una matrigna/strega spesso dotata di poteri magici e, in alcuni casi, di una o più sorellastre il cui unico scopo è “far del male” alla fanciulla in questione (si pensi a Cenerentola, Biancaneve, La fata Piumetta, I tre nanetti del bosco, I cigni selvatici, La piccola guardiana d’oche …..).  Le fiabe in cui poi la fanciulla è presa di mira da una “strega vera e propria” sono numerosissime (La bella addormentata, Raperonzolo, ancora Biancaneve…..).

Proviamo a leggere il messaggio al di là delle apparenze.  Le fiabe nacquero per essere racconti iniziatici atti ad istruire e guidare adolescenti e adulti nei riti di passaggio, E NON COME INTRATTENIMENTO!!!! Qual è il messaggio che, dopo essere state manipolate nei millenni, le fiabe più note oggi ci riportano? Ecco cosa credo: la “vera mamma” che muore giovane nasconde la Dea Madre di cui siamo state private nel passaggio dalle società matrifocali dell’Antica Europa alle società patriarcali importate con la guerra e la distruzione da parte dei popoli guerrieri indoeuropei. La vera mamma, bella e amorevole, viene sostituita da una fredda imitazione, la matrigna/strega malvagia appunto, una figura femminile che non solo non ci protegge né ci ama, ma spesso attenta alla nostra vita (ciascuna è libera di dare a questa “matrigna” il volto che vuole: c’è solo l’imbarazzo della scelta). Ed ecco come viene creato l’orizzonte di attesa, il sistema di credenze che guida le nostre azioni in ogni momento.

Nelle fiabe la matrigna, anziché gioire della bellezza della figlia, prova invidia e gelosia nei suoi confronti e tenta in tutti i modi di umiliarla fino a distruggerla. Così, raccontandoci le fiabe, genitori, nonne o maestre hanno inculcato in noi l’aspettativa di una donna anziana cattiva che ci farà del male o di “sorellastre”, che anziché camminare insieme a noi amorevolmente useranno ogni loro potere per  ostacolarci e danneggiarci. In questo modo si pone a livello subliminale nelle bambine la programmazione al conflitto tra donne. Ed esse cominceranno ad aspettarsi dalle altre donne cattiverie e gelosie sia in casa che fuori. Anziché prepararci con fiabe iniziatiche a coltivare la solidarietà tra noi donne, a vedere la nostra reciproca bellezza e a onorarla, a sostenerci nelle difficoltà e a considerare le anziane sagge fonti di consiglio e aiuto e Sacre Figlie della Dea, le fiabe sono per noi la palestra del litigio, della competizione, della disarmonia, del tradimento, del pericolo e della morte. Biancaneve è diventata ora anche un gioco interattivo scaricabile sui cellulari, giusto perché così non può scappare più nessuno al lavaggio del cervello.

Credo che le fiabe vadano riscritte tutte, da donne volonterose che non siano al soldo del potere patriarcale  come i Grimm o Perrault o Andersen. Da donne che rimettano a posto questi personaggi femminili e li ricollochino in una dimensione di dignità, positività e solidarietà (forse lo farò io!!!)

Alla mela della discordia, che da Eva ad Elena di Troia a Biancaneve è stata l’emblema del conflitto e del tradimento, va sostituita la MELA DELL’ALLEANZA, offerta da sorella a sorella, da nonna a madre a figlia a nipote, per ricostruire il patto tra le Donne e la Dea, consapevoli anche che proprio la mela, tra tutti, è il frutto più ricco di sostanze medicamentose e nutrienti, come recita il famoso detto “una mela al giorno leva il medico di torno”.

ascolta la versione audioletta per me da Stea qua

Testo CC Devana 2016

Disegno di Manuela Biave

 
 

E’ NATO IL CANALE YOUTUBE LA SCUOLA DELLE DONNE

All’inizio del 2016 mi fu chiesto di compiere due missioni. La prima riscrivere le fiabe in versione matrifocale, cosa che ho fatto pubblicando sul mio sito i RACCONTI DEL RISVEGLIO PER LE BAMBINE E LE LORO MAMME. La seconda creare una scuola per le donne. Questo non sapevo come farlo: ci voleva un’aula, delle insegnanti, un programma? Infine la Dea mi ha indicato come fare tutto in modo gratuito affinché le donne che lo desiderano possano studiare le opere femminili assenti dai programmi scolastici senza muoversi da casa: creare un canale youtube con audiolibri letti da donne volontarie. Sono felice di annunciare alle sorelle (e ai fratelli) che è nato il canale youtube LA SCUOLA DELLE DONNE, al momento gestito da me, Devana, ma tecnicamente creato dalla sorella Monica Simoncelli e in attesa che altre volontarie prestino la loro voce alle grandi donne della storia. Leggete la presentazione di seguito e iscrivetevi al canale al link qua sotto: non c’è spesa, non c’è pubblicità, non c’è obbligo, solo cultura al femminile quando e come preferite
Presentazione La scuola delle donne – canale youtube
Le opere femminili, letterarie pittoriche e artistiche in generale, ma anche scientifiche, archeologiche, antropologiche, sono vergognosamente assenti dai programmi scolastici italiani o bollate come opere minori e proposte alle classi solo da insegnanti illuminate che spesso vengono riprese dai presidi per la loro “audacia”. La parola delle donne è tenuta nascosta ancora ai nostri giorni. Non è che non ci siano autrici, semplicemente i provveditorati, così come i direttori dei musei, non ritengono che l’arte e il sapere delle donne abbia un valore e meriti di essere divulgato.
Autrici e donne grandissime come Marguerite Yourcenair prima donna accettata all’Académie Francaise, Hildegard Von Bingen filosofa mistica e scienziata medievale a cui si rivolgevano papi e imperatori, Gabriela Mistral premio nobel cilena per la letteratura e maestra di Pablo Neruda, Jane Austen considerata massima espressione femminile della letteratura inglese, Maria Bellonci romanziera storica italiana ideatrice del Premio Strega, Mary Shelley madre del personaggio di Frankenstein che per prima ebbe l’intuizione della memoria cellulare, e tante altre – Katherine Mansfield, Emily Dickinson, Marija Gimbutas, Sabina Spielrein, Marie Curie, Edith Wharton, le sorelle Brontë, Christine de Pizan – sono sconosciute alla maggioranza delle persone e, quel che è peggio, sono sconosciute a noi, le donne: le loro sorelle.
Il canale youtube LA SCUOLA DELLE DONNE, si propone di far conoscere, soprattutto alle donne dei nostri giorni, la voce di queste grandi autrici artiste sapienti: finché le donne non cominceranno a leggere le donne non sarà possibile spezzare il predominio maschile sulla gestione del pianeta. Le opere vengono proposte in forma di audiolibro e le registrazioni sono realizzate in forma artigianale. La forma dell’audiolibro è ideale per le donne che lavorano e non possono ritagliarsi il tempo di leggere o di frequentare corsi. Un audiolibro si può ascoltare al posto di un programma radio, mentre si cucina, si stira, si è dalla parrucchiera o in coda al casello, in pausa pranzo, durante il jogging o in palestra. Così le donne di ogni età ed estrazione sociale, purché lo desiderino, possono onorare il lascito delle loro sorelle semplicemente ascoltandolo su youtube. A volte anche riascoltare un libro già letto lo pone sotto una luce diversa.
LA SCUOLA DELLE DONNE è un servizio gratuito che viene offerto alle donne per contribuire con forza al risveglio della coscienza della Sacra Femminità anche attraverso la scoperta delle grandi voci femminili del passato che, per esprimersi, hanno dovuto lottare contro un feroce sistema patriarcale. Ogni audiolibro è introdotto da una breve scheda di presentazione, scritta da chi presta la voce, per inquadrare l’autrice dal punto di vista storico. Da Devana buon ascolto e buon viaggio.

CC Devana 2017

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